Delitto Benedetti-Riggio

Delitto Benedetti-Riggio

ATTENZIONE!
Il seguente materiale contiene descrizioni e immagini di particolare crudezza che possono urtare la sensibilita' degli utenti piu' impressionabili

Le vittime

 


Paolo Riggio

Paolo Riggio

Paolo Riggio, nato a Palermo di 34 anni, da diciassette residente a Lucca via Vecchia Pesciatina 119, san Vito, disoccupato da tre anni, precedentemente ha lavorato come camionista. Per problemi alla schiena è stato costretto ad operarsi, purtroppo l'operazione non è andata a buon fine e in conseguenza riporta un trauma alla gamba destra, per questo è dichiarato invalido civile e gode di una modesta pensione di invalidità.
La sera del delitto Paolo Riggio ha in uso un'autovettura Fiat 132 blu targata PI 217494, intestata al padre, Gaetano Riggio di 63 anni.
Gli amici lo ricordano come un tipo simpatico e gioviale, che passa molti pomeriggi al bar di san Vito a giocare a carte.
Alcuni giorni prima che avvenisse la tragedia, Paolo si è recato in comune per chiedere la possibilità di essere impiegato come bidello in una scuola, ed è in attesa di una risposta ufficiale.

Graziella Benedetti

Graziella Bendetti

Graziella Benedetti, nata a Lucca di 31 anni, residente in corte Baccelli, san Vito, poco lontano dall'abitazione di Paolo Riggio, è impiegata come operaia in un calzaturificio di Segromigno, con un modesto salario che si aggira intorno alle 700.000 lire al mese.
I colleghi di lavoro la ricordano come una persona seria, pacata, timida e riservata riguardo alla sua vita privata, quando invece esce assieme a Paolo risulta essere più spigliata e allegra.


Paolo Riggio e Graziella Bendetti

I due ragazzi hanno una relazione che dura da dieci anni e se non fosse per i problemi economici che non gli permettano di poter vivere insieme, sarebbero già sposati.
Ultimamente Graziella ha confidato ad una collega di essere in cerca di una casa da poter affittare assieme a Paolo.
Il sabato sera sono soliti frequentare il locale trattoria/pizzeria “La Cantina di Alfredo”, in via Colognora 32, Colognora di Compito, molte volte si recano al locale in compagnia della nipotina del Riggio di sei anni.


Il delitto


La sera del 21 gennaio 1984

Il sabato 21 gennaio 1984, alle 19.30, Paolo Riggio si reca a casa di Graziella Bendetti con la Fiat 137 Blu intestata al padre, è una serata di pioggia, ma è sabato sera, i due decidono di uscire ugualmente per una cenetta e nell'occasione lasciano a casa la nipotina.
Giungono al locale denominato “La Cantina d'Alfredo” alle ore 20.00 circa, lui ordina una bistecca e la Bendetti una pizza, sembra un sabato qualunque per la coppia. Il proprietario pur non avendo un'approfondita conoscenza dei ragazzi, li riconosce come clienti abituali e si ferma a scambiare quattro chiacchiere con loro.
Li vede uscire ad un orario intorno alle 21.45-22.00, sarà l'ultima persona a vederli in vita.


La  Cantina d'Alfredo

Il 22 gennaio 1984

A tarda sera il padre del ragazzo, Gaetano Riggio di anni 63, accortosi che il figlio non è ancora rincasato dalla sera precedente, si allarma. I due giovani non sono i tipi che ritornano ad un orario troppo tardo, anche nel fine settimana. In apprensione, decide di mettersi alla ricerca della coppia, alle 8.00 del mattino pensa di controllare la zona di sant'Alessio, sulle rive del fiume Serchio. Ad una distanza di circa 2 chilometri dal centro di Lucca, in uno spiazzo, rinviene i corpi dei due ragazzi all'interno dell'autovettura e avverte le Forze dell'Ordine.



S.Alessio, luogo del delitto


Sant'Alessio, luogo del delitto


S. Alessio, luogo del delitto

La scena del Crimine

Il luogo in cui sono ritrovati i corpi di Paolo Riggio e Graziella Benedetti è ubicato lungo le rive del fiume Serchio nella frazione di sant'Alessio, Lucca, in una radura costellata di pioppi, vicino alla fabbrica di ricostruzioni pneumatici “Nencini”, via delle Piagge sant'Alessio. La zona è frequentata da coppiette e tossicodipendenti. L'autovettura, una Fiat 137 blu targata PI 217494 con quattro portiere, si trova all'interno di una piazzola rivolta verso il fiume, ha ancora tutte le portiere chiuse con sicura, il vetro anteriore sinistro è frantumato. I corpi dei due giovani sono all'interno dell'abitacolo sui sedili anteriori reclinati, lui supino sul lato guidatore, lei posizionata sul fianco sinistro lato passeggero. Sono stati raggiunti da sei colpi d'arma da fuoco, tuttavia in sede d'indagine sul luogo del delitto sono evidenziate soltanto quattro ferite, le restanti sono riscontrate in sede autoptica, coperte dalle ciocche di capelli.
Un'evidente ferita d'arma da fuoco alla gola ha colpito il Riggio, risulta sanguinante e mortale, una seconda ferita è presente alla testa in zona sinistra, ma non ben identificata, coperta dai capelli e risulta lievemente sanguinante (da foto in nostro possesso), entrambi i proiettili sono passanti.
La Benedetti è stata raggiunta da quattro colpi d'arma da fuoco, uno sulla coscia destra, sanguinante, una allo zigomo sinistro sanguinante con esito mortale, una all'arcata sopraccigliare destra, sanguinante con esito mortale, l'ultima ferita è riscontrabile in zona imprecisata della testa sotto il cuoio capelluto, tutti i proiettili sono passanti.
In sede di rilievi vengono repertati tre bossoli di proiettili calibro 22 per pistola, marca "Lapua", con la lettera “L” stampata sul fondello, uno viene repertato fuori dall'autovettura sul lato sinistro vicino alla portiera , due all'interno dell'abitacolo, gli altri bossoli non vengono ritrovati.
I bossoli risulterebbero lievemente deformati, tanto che da perizia balistica si pensa sia stata utilizzata un'arma vecchia e il rigonfiamento sia dovuto alla molla dell'otturatore vetusta.
In realtà questa determinazione è stata più volte smentita recentemente e non è possibile determinare la datazione di un’arma dal rigonfiamento dei bossoletti espulsi, teniamo quindi in dubbia considerazione che si tratti di un'arma di vecchia fattura.
Poco lontano dalla macchina viene rinvenuta a terra, la borsetta appartenente a Graziella Benedetti (da foto), adiacente sembra si trovi anche il borsello contenente 11.000 Lire.
Non vi è invece traccia del portafoglio di Paolo Riggio contenente 150.000 lire. La cifra precisa va comunque tenuta in dubbia considerazione, tenendo presente che può essere una determinazione derivante da testimonianza, per cui non è possibile sapere con precisione la cifra esatta contenuta nel portafoglio di Paolo, poiché mancante.

 

Le indagini

Le prime indagini svolte sono incentrate nell'associare il delitto Riggio-Benedetti con i delitti attribuiti al così detto “Mostro di Firenze”, che era solito colpire coppiette appartate in auto nella campagna limitrofa del capoluogo toscano.
Interviene sul luogo il Nucleo Operativo di Firenze e la Squadra Anti Mostro (S.A.M.), comandata dal Commissario Franco Federico, le indagini portano ad un esito negativo e da li a pochi giorni, più precisamente il 27 gennaio 1984 sono accusati dei delitti attribuiti al mostro due sardi, Giovanni Mele e Piero Mucciarini, scagionati poi successivamente e assolti per non aver commesso il fatto a seguito della Sentenza Istruttoria Rotella del 1989.
Occorre però precisare qualche cosa in più sui delitti del così detto “Mostro di Firenze” per poter chiarire eventuali assonanze o discrepanze in relazione al delitto Benedetti-Riggio.


I delitti del Mostro di Firenze


I delitti del Mostro di Firenze

Sono denominati “delitti del Mostro di Firenze”, i sei duplici omicidi avvenuti nelle campagne fiorentine nell'arco degli anni che vanno dal 1968 al 1985, la particolarità di questi omicidi è il fatto che furono commessi sempre con la stessa arma, una Beretta calibro 22 mod 70-76 (non è ben precisato il modello poiché l'arma del delitto risulta tutt'ora irreperibile) e proiettili Winchester con la lettera “H” stampata sul fondello, sia in piombo nudo, sia in piombo ramato (quindi appartenenti almeno a due confezioni differenti, dato che i due generi di proiettili vengono vendute in scatole diverse).
Il primo delitto del Mostro di Firenze avviene a Signa il 21 agosto del 1968, le vittime sono Barabara Locci e Antonio Lo Bianco, colpite da otto proiettili di calibro 22 e uccisi sul colpo mentre sono in atteggiamenti intimi, sul retro dell'autovettura appartenente al Lo Bianco, dorme il figlio della Locci, Natalino Mele di anni 6, al quale non viene fatto alcun male.
Il 14 settembre 1974 a Borgo San Lorenzo, la pistola riprende a sparare e uccidere, i due ragazzi vittime del delitto sono Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, la vittima femminile, in questo caso, ha subito le maggiori attenzioni da parte dell'assassino sul suo corpo vengono riscontrate 96 coltellate, alcune delle quali poco infiltrate, interessano seno, ventre, basso ventre e zona pubica. Per completare l'opera l’assassino le infila un tralcio di vite nella vagina, non in profondità.
Il 6 giugno 1981 nella zona di Scandicci, località Villa Franca, vengono trovati uccisi Giovanni Foggi e Carmela Di Nuccio, l'uomo giace sul sedile di guida ucciso dai colpi d'arma da fuoco e con tre coltellate alla gola infisse post mortem, la Di Nuccio si trova a pochi metri in un fosso, anche lei è stata uccisa dai proiettili calibro 22, ma il mostro ha infierito sul corpo asportandole il pube.
Stessa sorte capita a Stefano Baldi e Susanna Cambi il 23 ottobre 1981, a Calenzano, località Travalle, il cadavere del ragazzo viene ritrovato in un fosso sul lato sinistro dell'autovettura a una decina di metri, la ragazza sul lato destro. Entrambi sono stati uccisi da proiettili calibro 22 e anche alla Cambi viene asportato il pube.
Nel giugno del 1982 e più precisamente il giorno 19, vengono colpiti a morte dalla pistola del mostro Paolo Mainardi e Antonella Migliorini, nella zona di Baccaiano, secondo la dinamica ufficiale i due stanno per andarsene da una piazzola lungo la strada. Il ragazzo si trova al posto di guida nel momento in cui l'assassino apre il fuoco, la macchina con innestata la retromarcia finisce in un fosso dalla parte opposta della carreggiata e i due ragazzi vengono freddati dai colpi di pistola, in questo caso la tentata fuga del Mainardi pare abbia impedito all'assassino di compiere il rituale di asportazione.
Il 9 settembre 1983 a cadere sotto i colpi dell’arma del mostro sono due turisti tedeschi a Giogoli, Uwe Rush e Horst Meyer sono ritrovati all'interno di un pulmino Volkswagen, uccisi dai colpi d'arma da fuoco e senza alcuna ferita d'arma bianca.
Pia Rontini e Claudio Stefanacci vengono uccisi il 29 luglio 1984 a Vicchio del Mugello, lui viene ritrovato all'interno dell'autovettura, una Fiat Panda, sui sedili retrostanti, lei è a pochi metri in un campo, le è stato asportato il pube e il seno sinistro.
L'ultimo delitto del mostro avviene ufficialmente l'8 settembre 1985 (ma sulla data esistono molti dubbi, è probabile sia da anticipare di uno o due giorni), ai danni di due turisti francesi che si sono accampati nella zona di San Casciano Val di Pesa, località Scopeti, Jean-Michel Kraveichvilj e Nadine Mauriot. Il ragazzo dopo essere stato colpito dall'arma da fuoco tenta la fuga e viene ucciso a coltellate a pochi metri dalla tenda, il corpo della giovane giace all'interno della tenda, anche in questo caso l'assassino compie il solito rituale asportando pube e seno sinistro.
Ma torniamo al delitto Riggio-Bendetti di Lucca e osserviamo le analogie e le differenze rispetto a quelli del Mostro di Firenze.

Govanni Mele e Piero Mucciarini

Punti in comune e differenze tra i delitti del Mostro di Firenze e il delitto Riggio-Benedetti

Il punto più eclatante, che ha creato il panico tra gli abitanti lucchesi e ha messo in allarme le Forze dell’Ordine, è la vittimologia che unisce i vari delitti del mostro a quello avvenuto a Lucca, in tutti i casi si tratta di coppiette che si sono appartate in zone isolate e all'interno di autovetture.
Altro punto in comune, è l'utilizzo dell'arma da fuoco per uccidere le vittime, una pistola callibro 22, nel caso del Mostro di Firenze si sa per certo dal segno del percussore che si tratta di una Beretta Calibro 22 mod 70-76 (modello imprecisato), forse anche nel duplice omicidio di Lucca l'assassino può aver usato una Beretta, ma da perizie balistiche viene determinato che il percussore non è il medesimo.
I proiettili utilizzati dal mostro in tutti i suoi delitti sono di marca Winchester, con la lettera “H” stampata sul fondello, in questo caso invece sono repertati proiettili di marca finlandese “Lapua”.
Il mostro di Firenze quando è in possibilità di effettuarlo, colpisce le proprie vittime con un'arma bianca, verosimilmente un coltello monofilare dalla lama di 4 cm e dalla lunghezza di almeno 12 cm.
Nel caso Riggio-Benedetti, l'assassino, pur avendone la possibilità non infierisce in alcun modo sulle vittime e soprattutto non pratica l'orrendo rituale dell'asportazione del pube, che effettua il mostro e successivamente, nei delitti dell' 84 e 85, del seno sinistro.
Nelle varie scene del crimine dei delitti delle campagne fiorentine, l'esecutore ha interesse a rovistare la borsetta della vittima femminile vuotandola, non ha invece interesse nei soldi e nel portafoglio del maschio. Nel duplice omicidio di Lucca, è vero che il killer si impossessa della borsetta di Graziella, ma è anche vero che si appropria del portafoglio di Paolo.
Altro punto in contrasto con la serie di delitti attribuiti al mostro è che, quasi nella totalità (escluso quello di ottobre 1981), avvengono nei mesi estivi giugno-luglio-agosto-settembre, mentre nel caso in esame siamo a gennaio, durante una piovosa serata invernale. Giusto tenere in considerazione il fatto che i giorni in cui avvengono i delitti del mostro sono sempre nel fine settimana, come questo, tuttavia potrebbe essere imputabile anche alla facilità con la quale è possibile reperire le vittime, ovvero coppiette appartate in luoghi isolati.
Altro elemento importante nei delitti del mostro è il punto geografico, tutti avvengono nella provincia di Firenze, in campagna e mai lontano dal capoluogo toscano, qua invece ci troviamo a Lucca a più di 80 chilometri dalla sua zona. Se è vero che conosce a menadito l'area intorno a Firenze, ciò vorrebbe dire che ha conoscenza anche della zona geografica intorno a Lucca e sa dove reperire le vittime, allora sembra strano che non abbia mai pensato prima, ne successivamente, quando la caccia al killer diventa più serrata da parte degli inquirenti, di colpire nelle zone lucchesi.
Per tutti questi motivi e per un altro importantissimo presente nella dinamica del delitto Riggio-Benedetti, questo duplice omicidio non è accostabile a quelli perpetrati dal così detto “Mostro di Firenze”.


Tornando al delitto Riggio-Benedetti

Abbiamo visto che i colpi di pistola esplosi sulle due vittime sono stati sei e tutti a bersaglio, cinque colpiscono il volto dei ragazzi, uno la coscia destra di Graziella.
Il rumore degli spari è stato udito da qualcuno?

Secondo testimonianza di Verano Ramacciotti, residente in Corte Ghivi, a poca distanza dal luogo di ritrovamento dei giovani, non è stato avvertito il minimo rumore che potesse far supporre che vi fosse stata un'aggressione. Ciò non deve poi stupire così tanto, poiché i colpi di calibro 22 non hanno una forte propagazione di suono e soprattutto la notte del 21 gennaio piove a dirotto.
A che ora è avvenuto il delitto?
Solitamente nelle perizie medico legali, l'ora certa del decesso comprende un arco di tempo e non un orario ben specifico come si potrebbe pensare, infatti da fonti giornalistiche i dati non collimano, su una testata si parla di un'ora intorno alla mezzanotte, in un'altra tra le 22.30-23.00.
Considerando che i due ragazzi vengono visti uscire dalla Trattoria/Pizzeria “La Cantina d'Alfredo” intorno alle ore 22.00 e che per raggiungere il luogo del delitto, il tempo stimato non supera i 20 minuti, possiamo pensare che  la coppia si è diretti subito in loco senza fare deviazioni, arrivando nella zona alle ore 22.20 circa. L'orario approssimativo che abbiamo individuato potrebbe essere in fin dei conti veritiero, dato che nessun altro ha testimoniato di aver visto i ragazzi in altro luogo la sera del 21 gennaio, e che comunque le due località sono abbastanza adiacenti e i ragazzi non erano soliti rincasare troppo tardi.

Delitto benedetti riggio indicazioni stradali

Percorso che potrebbe aver fatto la coppia all'uscita della trattoria La cantina di Alfredo


Se osserviamo le foto della scena del crimine scattate il 22 gennaio, notiamo subito che i due giovani sono vestiti quando il delitto è avvenuto e successivamente sappiamo dalle fonti in nostro possesso che non sono state trovate tracce di rapporti sessuali tra i due. A seguito di questa notizia è pacifico ipotizzare che  la coppia non è arrivata da molto nella zona, giusto alcuni minuti prima edll'aggressione, per avere il tempo di reclinare i sedili e scambiarsi qualche effusione.
Altra cosa di cui sembrano molto sicuri gli inquirenti e che noi prendiamo per verosimile, dato che solo la perizia balistica potrebbe smentirla e non è in nostro possesso, è che il vetro anteriore lato guidatore è stato infranto con un'arma contundente (potrebbe essere stato anche il calcio della pistola).
A questo punto proviamo ad addentrarci un po' di più all'interno della dinamica del delitto per cercare di svelare le ultime ombre.

 

 
I due cadaveri fotografati sulla scena del crimine
 

Paolo Riggio
 

Paolo Riggio
 

Corpo Paolo Riggio in evidenza ferita d'arma da fuoco al collo



Il corpo di Graziella Benedetti
 

Corpo di Graziella Benedetti, in evidenza la ferita d'arma da fuoco alla gamba sinistra

I colpi di pistola

Riassumendo schematicamente quello che abbiamo visto nei capitoli precedenti abbiamo: l'esplosione di 6 colpi di pistola sui due ragazzi, tutti passanti e tutti a bersaglio e il ritrovamento di tre bossoli, uno fuori dall'auto e due al suo interno.
A questo punto, è logico ipotizzare che i bossoli mancanti non si trovassero all'interno dell'abitacolo, altrimenti sarebbero stati repertati con facilità dalle Forze dell'Ordine, ma che si trovassero anche loro fuori dalla macchina e che non siano stati ritrovati a causa delle condizioni del terreno dopo la pioggia della sera precedente.
Per avere una giusta dinamica la presenza di tutti i bossoli risulterebbe molto più vantaggiosa, pensando poi che solo l'uso di un metal detector basta per il loro ritrovamento. Noi comunque, proveremo ugualmente a trovare una spiegazione per l'evento criminoso, che sia il più possibile attinente alla logica.
Per prima cosa, è facile che i primi colpi abbiano interessato la vittima maschile, il primo fra tutti quello che colpisce Riggio al collo, dal lato sinistro, con andamento da sinistra verso destra, esploso da distanza abbastanza ravvicinata, dopo che l'assassino ha infranto il vetro anteriore della macchina. In questo caso, il bossolo è stato espulso fuori dall'abitacolo, dato che la calibro 22 espelle i proiettili a destra, con andamento leggermente all'indietro.
Subito dopo, quando il corpo di Paolo si adagia senza vita sul sedile reclinato lato guidatore, lo sparatore ha campo libero su Graziella, un primo colpo d'arma da fuoco la raggiunge alla gamba destra, ad indicare una difficoltà di cambio di bersaglio o che ancora il corpo del ragazzo intralcia la mira del killer.
Anche questo secondo colpo è esploso dal solito punto del primo e anche in questo caso il bossolo finisce fuori dall'autovettura. Negli altri due colpi successivi, lo sparatore, spostandosi lievemente, colpisce Graziella allo zigomo e all'arcata sopraccigliare destra, due colpi sparati in rapida successione e anch'essi con bossolo espulso sul terreno.
A quel punto l'assassino mette il braccio all'interno dell'abitacolo, avvicina la pistola ai corpi ormai senza vita dei ragazzi e, come per essere sicuro della loro morte, spara in testa ad entrambi, ed ecco i bossoli ritrovati all'interno dell'abitacolo, sparati da distanza ravvicinata e che interessano la tempia sinistra di Paolo e la testa di Graziella.
In tutta questa spiegazione, si perde di vista però l'elemento centrale della scena del crimine, al quale abbiamo dato poco peso fino ad adesso.


L'elemento centrale

In evidenza la borsetta di Graziella Benedetti e il borsello

L'elemento centrale è quel fattore che può determinare ai fini investigativi delle risultanze importanti per spiegare l'evento criminale, in molti casi l'elemento centrale non è mai unico, ma è associato ad un collettività di dettagli che risultano essere essenziali per far luce sulla situazione.
In questo caso l'elemento importante è la borsetta della Benedetti, ritrovata a poche decine di metri dall'autovettura, di cui è entrato in possesso l'assassino.
La domanda è, come ne è entrato in possesso l'assassino?

1)Dal vetro infranto dell'autovettura può aver inserito la mano all'interno ed averlo prelevato.

E' ben semplice e logico da dedurre che con i sedili anteriori reclinati e una macchina dotata di quattro portiere, Graziella abbia posato la borsetta sui sedili retrostanti per creare spazio nel momento di intimità, addirittura può essere stata messa sul pianale lato posteriore dietro il sedile del passeggero, entrambe le zone sono difficilmente raggiungibili dal finestrino lato guidatore allungando il braccio. Di conseguenza scartiamo questa possibilità.

2)Aprendo la portiera dal vetro infranto ed entrando all'interno dell'abitacolo.

Possibile, tuttavia non sono repertate tracce di spostamento dei cadaveri successivamente all'evento criminale,  inoltre gli sportelli di tutti i lati sono chiusi con sicura al momento del ritrovamento. Non vi è alcuna logica nell'aprire la portiera sul retro e poi richiuderla con la sicura e l'assassino non ha tempo da perdere dopo il delitto per attardarsi sulla scena del crimine, specialmente per il fatto che successivamente si disfa della borsetta lasciandola a pochi metri e non nota nemmeno il borsello con poche lire al suo interno, trovandosi evidentemente in palese stato di agitazione.

3)Si è fatto consegnare portafoglio e borsetta.

Ecco la soluzione più conforme alla logica che giustifica anche il vetro infranto con il calcio della pistola, appena l'aggressore si avvicina all'autovettura dei giovani, infrange il finestrino, punta la pistola al collo di Paolo e minaccia i ragazzi di consegnargli portafoglio e borsetta.
Dall'elemento centrale abbiamo determinato il movente del delitto, il movente è economico, si tratta di una rapina.

 
La dinamica dell'evento criminale

Per affrontare correttamente la dinamica occorre iniziare quando i due ragazzi parcheggiano l'autovettura nella piazzola, prima cosa che fanno è chiudersi dentro la macchina, abbassare la sicura. Successivamente Graziella mette la borsetta sul sedile posteriore e reclinano quelli anteriori per trovare più intimità, forse a quel punto Paolo prende la coperta che vediamo dal suo lato per stare più comodi e proteggersi dal freddo.
In quel mentre, sentono il vetro del finestrino anteriore andare in frantumi e una pistola viene puntata al collo di Paolo, una voce gli intima di consegnargli i soldi, il ragazzo spaventato acconsente e successivamente viene richiesto anche a Graziella di consegnargli la borsa.
In quel preciso istante non si sa che cosa possa essere avvenuto con precisione, è probabile che nel momento in cui l'aggressore allunga il braccio all'interno dell'abitacolo per farsi consegnare la borsetta da Graziella, Paolo abbia tentato una reazione portando lo sconosciuto armato a fare fuoco.
E' verosimile anche che lo stato di agitazione del ladro lo abbia portato ad esplodere un colpo per sbaglio alla gola del ragazzo.
Qualunque sia la spiegazione, una volta esploso il primo colpo, l'assassino non può più fermarsi, Graziella grida, potrebbero sentirla e di conseguenza si trova costretto a sparare anche al suo indirizzo, più e più volte, come nelle modalità individuate precedentemente.
Quando ha esploso i sei i colpi, il killer esamina la borsetta, è buio, piove, forse non ci vede bene, con tutta probabilità è spaventato per quello che è successo e abbandona la borsetta per darsi alla fuga.
Siamo di fronte ad una rapina finita male, nessun collegamento con il Mostro di Firenze, nessun imitatore, nessun mistero per quanto riguarda il movente del delitto.



Le varie ipotesi


In questa parte prenderemo in esame alcune delle ipotesi sulle motivazioni di questa aggressione, tenendoci ben ancorati ai fatti che abbiamo accertato precedentemente.
Prima di tutto possiamo dire che l'assassino è uno e uno soltanto, non vi sono tracce evidenti di più persone presenti sulla scena del crimine e abbiamo a riscontro che i proiettili sparati sono tutti della solita marca e caricati sulla medesima pistola, una calibro 22, inoltre per compiere un delitto del genere non vi è bisogno di altri aiutanti.
Stando a questi fatti, è inutile immaginare la cooperazione di più persone o addirittura di un gruppo di persone, certo può esserci un palo che aspetta con il motore della macchina acceso, ma rimarrebbe comunque completamente ininfluente nella dinamica del delitto e poi la zona risulta abbastanza isolata e la presenza di un palo rimane superflua.
Altro fattore che esclude la presenza di più persone è la vittimologia prescelta per la rapina, si tratta di una coppia appartata in un'auto, di conseguenza anche chi la compie non può essersi immaginato che la refurtiva fosse cospicua, una modesta refurtiva più difficilmente viene divisa con uno o più complici.
Quest'ultimo dato rilevato, unitamente alle condizioni meteo in cui avviene il delitto, ci fa propendere per un bisogno impellente di soldi da parte dell'aggressore (poi trasformatosi in assassino). In una serata di pioggia, chi ha bisogno di rapinare una coppia appartata sapendo che ne ricaverà solo pochi soldi?
Qualcuno che si trova in gravi difficoltà economiche e che comunque ha bisogno di pochi spiccioli per ottenere ciò che vuole.
Sapendo inoltre che la zona lungo il fiume Serchio è si frequentata da coppiette, ma anche da tossicodipendenti, l'ipotesi più logica e probabile rimane quella di un tossicodipendente in cerca di pochi spiccioli per poter acquistare una dose. Si profila comunque un certo problema nell'individuazione di un soggetto del genere soprattutto per il tipo di arma scelta per l'aggressione, un'arma da fuoco, inoltre non si uccide per pochi spiccioli, lo sanno tutti che le indagini in caso di delitto diventano più serrate e il rischio non vale la candela.
Mettendo un attimo da parte l'arma del delitto, notiamo che effettivamente non si uccide per così poco, neanche se si tratta di un tossico, in questo caso però è andata così. Di conseguenza sulle ipotesi prima menzionate durante la descrizione del delitto, rimane privilegiata l'eventualità che li primo colpo di pistola sia stato esploso per sbaglio e di conseguenza il rapinatore diventato assassino si sia trovato costretto a sparare anche sulla vittima femminile che con molta probabilità urlava e rischiava inoltre di diventare un testimone scomodo.
L'arma del delitto in questo caso stupisce, ma solo relativamente, Lucca negli anni '80 è tristemente famosa per casi di microcriminalità, non è strano quindi che una pistola fosse in mano ad un tossicodipendente per eventualità fortuita o per essere legato a gang del luogo che hanno il proprio punto di ritrovo nella zona di S. Anna e S. Vito.
Inoltre va considerato anche il fatto che a poche centinaia di metri in linea d'aria e più precisamente dalla parte opposta del fiume, si trova e ancora il campo nomadi che è stato al centro di numerose inchieste sulla microcriminalità locale.
Ciò che stupisce però sono il tipo di proiettili usati, “Lapua” una marca finlandese di difficile reperibilità in Italia, a cui giustamente va dedicato il prossimo capitolo.


Spunti investigativi

Se la rapina ad opera di tossici o di criminali alle prime armi, offre veramente pochi spunti investigativi sui quali dirigere le indagini, al contrario la particolarità dei proiettili usati nell'evento criminale può essere d'aiuto per individuare il colpevole.
La Lapua non gode di grossi quantitativi di vendite in Italia e fino al 1976 il loro campo di specializzazione risiede nella realizzazione di carabine, proiettili d'assalto e ad uso sportivo. A seguito di un'esplosione avvenuta all'interno della fabbrica proprio nel 1976 l'azienda è costretta a spostare i suoi edifici fuori città, che aprì nel 1984. La richiesta di proiettili Lapua avviene gradualmente nel tempo e nella data del delitto Riggio-Benedetti, è plausibile pensare che non fossero molte le confezioni di munizioni calibro 22 spedite ad armerie e poligoni nella zona.
Il fatto che questo genere di munizioni non fossero di uso comune risulta essere un dato interessante per muovere i primi passi nell'indagine, traendone uno spunto investigativo, che, se ad oggi ormai non può servire a niente per trovare il colpevole, al tempo poteva essere una strada più facilmente percorribile.
Era possibile quindi verificare armerie e poligoni di tiro che avessero in vendita o dotazioni questa marca di proiettili circoscrivendo la ricerca alla zona della Toscana.
Tuttavia non sappiamo di preciso se questo spunto investigativo sia stato battuto all'epoca, ne ci azzardiamo ad evidenziare eventuali mancanze nell'indagine che venne fatta dalla squadra mobile di Lucca. E' comunque giusto tenere presente questa particolarità, che rende leggermente più misterioso l'evento criminale.


Teorie differenti

Il delitto Riggio-Benedetti è entrato a far parte di quelli chiamati "delitti collaterali del Mostro di Firenze", ovvero omicidi che pur avendo caratteristiche simili o collegamenti a quelli perpetrati dal serial killer fiorentino, si differenziano da quelli certamente compiuti dalla solita mano per la differenza di arma con cui vengono perpetrati. Il Mostro di Firenze nei duplici omicidi compiuti ha sempre utilizzato la solita pistola Beretta, nei delitti collaterali invece le vittime vengono uccise con un'altra arma. Quello Benedetti-Riggio, come abbiamo visto, è stato compiuto con una pistola calibro 22, ma non con quella con cui è stata compiuta la serie di delitti ascrivibile al Mostro di Firenze.
Molti investigatori, avvocati e operatori delle Forze dell'Ordine sono convinti che la mano del "Mostro" sia presente anche nell'omicidio sulle sponde del Serchio e che possa essere inserita di diritto tra la serialità degli altri omicidi fiorentini.
L'Investigatore privato Davide Cannella, titolare dell'agenzia Investigativa Falco, nell'intervista in esclusiva che ha rilasciato a Misteri di Lucca, critica la bnotra teoria e spiega le motivazione che l'hanno portato a sospettare che il Mostro di Firenze si nasconda dietro questo delitto:

 


Misteri Lucca
Il materiale fotografico utilizzato per la realizzazione di questo articolo è stato ottenuto da quotidiani dell'epoca, alcune foto sono state censurate per mantenere un certo decoro verso le vittime.