Delitto Andreani

Sono numerosi i casi insoluti che si sono susseguiti a cavallo degli anni ‘80 e ’90 in Versilia, la pineta di levante è diventata tristemente nota per alcune frequentazioni al limite della legalità. Non ci riferiamo soltanto all'ambiente notturno che anima la zona, ma piuttosto allo spaccio di enormi quantitativi di droga che è smerciato a Torre del Lago e raggiunge il centro cittadino di Viareggio.

Il caso Andreani ha destato molto scalpore tra l'opinione pubblica, non ha avuto un riscontro mediatico come il rapimento di Ermanno Lavorini, ma ha messo sotto la luce dei riflettori  gli  ambienti omosessuali del luogo perché la vittima, notoriamente, ne è un assiduo frequentatore.
I
l caso è stato studiato da fonte giornalistica, con un'intervista di  approfondimento a Davide Cannella, direttore dell'agenzia investigativa di Lucca, al tempo in forze alla squadra di polizia giudiziaria dei Carabinieri di Viareggio che si occupò del delitto nel 1984.


La vittima

 

Rolando Andreani detto Paolo


Rolando Andreani detto Paolo, di 38 anni residente a Viareggio in via XX settembre 57 dal 1981, originario di Livorno, prima del trasferimento in Versilia lavora come chimico balistico nella sezione militare di Mariperman, centro di sperimentazione navale, a La Spezia. Nel 1980 a causa di problemi epilettici ottiene una pensione come invalido civile. Nel 1984, Andreani, è sposato da dodici anni con Norma Spella, commessa in un negozio della passeggiata di Viareggio, il figlio Massimiliano ha dieci anni.

 
Il ritrovamento del corpo

Giovedì 12 luglio 1984,  nel primo pomeriggio verso le 16,  arriva alla caserma dell’Arma dei Carabinieri “Ugo Foscolo”  di Viareggio, il diciottenne Rodolfo Principe, accompagnato dal padre. Nel mentre ritorna con il proprio ciclomotore da una giornata al mare nei pressi di Torre del Lago, percorre la strada interna alla pineta di Levante, denominata “La Sconfinata” parallela a via dei Tigli, Rodolfo Principe si imbatte nel cadavere di un uomo steso a terra con una vistosa ferita alla testa.
Impressionato dal fatto e scioccato da ciò che ha visto, si reca a casa propria, in centro a Viareggio e avverte il padre che lo accompagna a denunciare il fatto ai Carabinieri.
Tornato nella zona il ragazzo, in evidente stato di shock, ha non poche difficoltà ad indicare precisamente dove si trova il corpo della persona che ha visto.


La scena del crimine

In un orario intorno alle ore 16, del 12 luglio 1984, i Carabinieri intervenuti su segnalazione di Rodolfo Principe scoprono il cadavere di un uomo, dall'apparente età di una quarantina d'anni.

Scena del Crimine e intervento dei Carabinieri

 Scena del Crimine, particolare della posizione del corpo

delitto andreani scena del crimine 2

Scena del Crimine, panoramica del luogo del delitto "La Sconfinata"

delitto andreani scena del crimine 6

Scena del Crimine, panoramica del luogo del delitto "La Sconfinata", veduta dalla parte opposta

Il corpo giace nel mezzo della stradina sterrata, denominata “La Sconfinata”, steso sul fianco sinistro, il braccio destro allungato a terra e il sinistro flesso sopra il petto, la gamba destra leggermente flessa nella stessa direzione della strada, la gamba sinistra allungata con il piede sul margine del viottolo (vedere foto d'archivio).
Il cadavere presenta un'enorme ferita sulla parte destra del cranio così ampia da interessare parte del volto. Sangue e materia cerebrale sono fuoriuscite dalla ferita e sul terreno è evidente un'ampia macchia di sangue coagulato (vedere foto da quotidiano).

Un paio di occhiali simile per fattura ai modelli Rayban, chiusi e mancanti di una lente, sono repertati a 15 centimetri circa dal piede sinistro (vedere foto d'archivio).
Un mazzo di chiavi con portachiavi della Renault è repertato a circa 10 centimetri dalla schiena del cadavere.

Scena del Crimine, particolare del punto di ritrovamento degli occhiali

Scena del Crimine particolare del punto di ritrovamento delle chiavi

Secondo la fonte giornalistica, il cadavere di Andreani presenta un'ampia ferita d'arma da fuoco sparata a bruciapelo (la distanza è determinata dagli inquirenti a causa della vampata di bruciatura rinvenuta sulla camicia) alla spalla destra, di cui però non abbiamo a disposizione alcuna fotografia e la posizione del cadavere non ci permette di controllare la zona, per verificare l'attendibilità della notizia. Sempre secondo fonte giornalistica, il cadavere presenta un grosso ematoma sul dorso della mano sinistra, ma dalle foto in nostro possesso la ferita non viene evidenziata.
Rolando Andreani è vestito con una camicia bianca, pantaloni di tela bianca e mocassini marroni, al polso porta ancora l'orologio e nel taschino uno stick di burro di cacao, ma per adesso il corpo, per gli inquirenti non ha ancora un nome, visto che sulla scena del crimine non vengono ritrovati i documenti di riconoscimento e il portafoglio.


L'arma del delitto

In un primo momento i giornali riportano la possibilità che l'Andreani sia stato colpito da un'arma da fuoco alla spalla sinistra e poi finito con un'accetta o un piccone che gli ha provocato la ferita alla testa. A seguito di indagini più approfondite sul luogo del delitto, la mattina del 13 luglio 1984 viene ritrovato, in un cespuglio di rovi a pochi metri dal cadavere, un fucile a canne mozze, calibro 12 e a seguito di perizia medico legale svolta dal professor Selvaggio dell'Istituto di Medicina Legale di Pisa, viene individuata come unica e sola arma del delitto.
Il fucile in questione presenta alcune caratteristiche particolari, si tratta di un vecchio e arrugginito modello "Beretta" a canne congiunte (doppietta, utilizzata per la caccia) che ha subito alcune modifiche nel corso del tempo. 
Le canne sono state mozzate a 30 centimetri d'altezza e questa modifica è stata effettuata diversi anni prima da mano esperta. Il calcio è stato segato con un taglio a pochi centimetri dai cani della canna, il legno ha subito un taglio per ¾ della sua lunghezza, poi chi lo ha praticato si è fermato e ha tentato di riparare il danno con un nastro adesivo. Il calcio del fucile è stato successivamente tagliato solo per 15 centimetri più in basso.

L'arma del delitto, fucile a canne mozze


Le determinazioni a cui si è giunti a seguito delle condizioni in cui si trova l'arma del delitto, sono: che il taglio della canna è stato praticato alcuni anni prima che si consumasse il delitto e da mani esperte. Al contrario, il taglio del calcio, risulta essere recente e praticato da persona che non si intende di armi, tanto che, il primo taglio, poi riparato con nastro adesivo, è troppo vicino ai cani e sarebbe stato pericoloso per qualsiasi persona utilizzare un'arma in quelle condizioni.
Il successivo taglio del calcio a 15 centimetri d'altezza, risulta anch'esso recente e ha lo scopo di rendere più facilmente occultabile l'arma.
L'occultamento dell'arma è l'evidente motivo che ha portato l'autore del delitto a tagliare parte del calcio del fucile, trasformando la doppietta in una lupara artigianale.
Inoltre il fucile, presenta alcune caratteristiche riguardo la matricola e la data di fabbricazione. Tra le due canne è stato limato un numero relativo al brevetto, è presente però il numero di matricola, 1953. Erroneamente, chi ha praticato la limatura ha pensato che quello stampato tra le due canne fosse il numero di matricola e lo ha cancellato, ma essendo un fucile vecchio il numero di matricola è stampato in altra posizione e il fucile è risultato rintracciabile. L'arma è stata' fabbricata in una data compresa tra il 1936 e il 1940 e da ricerche presso la "Beretta" è stato stabilito che, il proprietario residente a Poggibonsi, provincia di Siena, ha denunciato il furto un anno prima del delitto.

La ricerca e ritrovamento dell’auto 

Una volta ritrovate le chiavi e il portachiavi Renault, gli inquirenti decidono di controllare l’adiacente via dei Tigli per rintracciare l’autovettura e scoprire qualcosa in più sull’identità del cadavere, che in quel momento è ancora ignoto.
In via dei Tigli viene individuata un’autovettura Renault R5 targata LU293606, parcheggiata nella strada adiacente alla pineta. Nelle ricerche all’interno si trovano due patenti piegate insieme, li da diverso tempo, una appartenente all’Andreani e una appartenente a certo Rizieri Melani di 37 anni nato a Castel Franco di sotto, in provincia di Pisa e residente in via XX settembre 55, Viareggio.
Il Maresciallo Corbo, che dirige le indagini della squadra di polizia giudiziare, decide di lasciare due agenti in borghese a controllare l’autovettura. Dopo un breve lasso di tempo, un uomo viene fermato nelle immediate vicinanze della Renault R5, il suo nome è Rizieri Melani ed è l’intestatario della patente ritrovata all’interno della macchina.


Le indagini

La strana posizione di Rizieri Melani

Rizieri Melani nato a Castel Franco di sotto a Pisa, ha 37 anni e abita in via XX settembre 55 a Viareggio, nelle immediate vicinanze  della residenza di Rolando Andreani. Risulta aver lavorato come professore di lettere e filosofia presso due istituti di scuole superiori a Viareggio, dal 1967 al 1970 all’Istituto Nautico e dal 1974 al 1981 al Liceo Scientifico. Da un e mezzo è in pensione come invalido civile, nel 1977 ha partecipato all’occupazione di Villa Bottini a Lucca. Negli articoli di cronaca Rizieri viene descritto come una persona dal fisico gracile, capelli lunghi e andatura dinoccolata.
La posizione del Rizieri Melani è considerata fin da subito sospetta, perché si aggira nei dintorni dell’autovettura in occasione del ritrovamento del cadavere. Viene quindi prelevato e portato in caserma per ulteriori accertamenti. In quell’occasione viene anche sottoposto alla prova del guanto di paraffina, per scoprire tracce di eventuali sostanze che possono collegarlo con l’esplosione dei colpi d’arma da fuoco. Il risultato però è negativo.
Il Rizieri Melani dichiara di essere vicino di casa e amico dell’Andreani e che alcune volte, è solito utilizzare la sua autovettura, dice anche di aver raggiunto la zona della pineta di Levante in taxi nel primo pomeriggio. Per confermare le sue dichiarazioni è ascoltato dai Carabinier anche il taxista che lo ha accompagnato, che conferma quanto detto.
Nonostante ciò, nei giorni successivi, le indagini piano piano si concentrano sulla sua posizione e sono effettuate diverse perquisizioni nei vari appartamenti che possiede, la perquisizione si concentra soprattutto su un’abitazione di Bicchio, nella periferia di Viareggio, dove il Rizieri Melani e l’Andreani passano molto tempo assieme. Ogni indagine di sopralluogo, non ottiene i risultati sperati.

L’orario della morte

Non conoscendo le risultanze della perizia autoptica abbiamo un grosso margine di errore per stabilire l’orario della morte di Rolando Andreani, da fotografie giunte a noi dall’epoca, è impossibile avere un quadro preciso.
Nonostante ciò abbiamo una testimonianza importante della moglie, Norma Spella, che dichiara di non sapere dove si tr0va il marito la mattina di giovedì 12 luglio 1984, ma che come al solito, lo aspetta a pranzo, dove non è mai giunto.
E’ facile presumere che all’ora di pranzo Rolando Andreani sia già stato ucciso.

La Sconfinata

La strada in cui è stato trovato il cadavere di Rolando Andreani, è una parallela di via dei Tigli che passa all’interno della pineta di levante, è frequentata da molte persone nei mesi estivi, chi fa jogging, equitazione e dai bagnanti che raggiungono la spiaggia tra Torre del Lago e Viareggio.
Molte delle persone che utilizzano quel tratto di spiaggia risultano appartenenti alla comunità gay della zona, ed è in quell’ambiente che le indagini della polizia giudiziaria prendo il via. Se il corpo di Andreani è stato ritrovato nel primo pomeriggio da Rodolfo Principe, è strano il fatto che dalla mattina a quell’ora nessun altro abbia individuato il cadavere e abbia richiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine . L’orario del delitto viene confermato da testimonianza in un orario intorno alle 11.30.


La testimonianza del parcheggiatore

Uno degli ultimi articoli dei quotidiani su questo caso riporta l’accenno ad una testimonianza molto importante, però si omette il nome e il cognome della persona che la riporta.
Un posteggiatore che lavora ad un parcheggio privato in zona "La Marina", alle 11.30 del giorno 12 luglio 1984, dichiara di aver udito due colpi d’arma da fuoco, a breve distanza l’uno dall’altro. Dopo alcuni minuti giunge nella zona un uomo dall'apparente età di 35 anni, uscito dalla pineta, trafelato e sconvolto, in preda a conati di vomito, il soggetto descritto ha una corporatura tarchiata (quindi non compatibile con l'unico sospettato, Rizieri Melani).
Se consideriamo attendibile questa testimonianza, abbiamo un orario certo in cui è avvenuto il delitto e anche un sospettato che potrebbe aver ucciso Rolando Andreani.
Non conoscendo però le generalità del testimone, è difficile vagliare l'attendibilità della notizia, la distanza che separa “La Sconfinata” dalla zona balneare in cui si trovano i parcheggi della spiaggia è circa 700 metri, percorribile in 9 minuti di cammino a piedi. La distanza quindi rende possibile la testimonianza, rimangono dei dubbi sul fatto che il corpo sia stato ritrovato solo nel primo pomeriggio e non prima, essendo “La sconfinata”, un luogo molto frequentato nei mesi estivi.



Alcune considerazioni sulla dinamica e sulle varie prove ritrovate sul luogo del delitto

La dinamica dell’evento

Una delle poche certezze di questo delitto è l’ampia ferita alla testa riscontrata sul cadavere di Rolando Andreani. Dalla posizione del corpo non è possibile notare l’altra ferita d’arma da fuoco alla spalla sinistra e non è rilevabile l’ecchimosi sul dorso della mano sinistra. La ferita sulla mano viene quindi esclusa come dat0, non trovandone riscontro dalle foto in nostro possesso.
Con molta probabilità il killer ha raggiunto l’Andreani alle spalle, nel mentre sta passeggiando sulla stradina sterrata. Non è detto ci sia stata interazione tra la vittima e l'assassino, è sicuro però che il primo colpo di fucile è stato esploso alla schiena e da distanza ravvicinata. I pallettoni del fucile raggiungono l'Andreani alla spalla sinistra, il corpo della vittima ruota e finisce nella posizione in cui è rinvenuto. A quel punto il killer si è avvicinato e ha sparato l’ultimo colpo rimasto (doppietta da due colpi), mirando alla testa e provocando l’ampia ferita che ha determinato la morte immediata dell’Andreani.
Dalla posizione in cui si trovano gli occhiali è molto probabile che fossero posizionati nel taschino della camicia, dato che sono richiusi, ma mancanti di una lente e devono essere scivolati nel momento dell’aggressione. Le chiavi è possibile che siano state tenute in mano, forse l’Andreani ha da poco parcheggiato la propria autovettura o sta ritornando verso la macchina pronto per andarsene.
Dopo l'esplosione dei due colpi d'arma da fuoco, il killer deve essere fuggito, lasciando l’arma del delitto in un cespuglio di rovi, in modo da non essere sorpreso con un fucile in mano.

 
Il movente

Il movente di questo delitto risulta essere complicato da trovare, dato che non abbiamo elementi sufficienti per poterlo determinare. Certo è, che l’Andreani (come anche Rizieri Melani) è assiduo frequentatore dell’ambiente omosessuale che si riunisce nella zona. Dai vestiti che indossa la vittima, si evince che non si sta recando in spiaggia, ma con molta probabilità si trova nella zona perché ha un appuntamento con qualcuno, un qualcuno che può essere il suo assassino. Infatti, al ritrovamento del corpo, l'Andreani non presenta il tipico abbigliamento da bagnante, non porta delle ciabatte, non ha un telo da mare e non ci è dato sapere se indossa un costume sotto i pantaloni di tela.


Una rapina?

La prima cosa che salta all’occhio è la mancanza del portafogli o di denaro. Difficilmente una persona esce di casa completamente sprovvista. Il movente di una rapina, giustifica malamente la dinamica del delitto, sempre che risulti rilevabile il primo colpo di fucile che l’Andreani ha subito alla schiena. In tal caso l’obiettivo del rapinatore sarrebbe stato quello di uccidere la vittima fin da subito, per poi derubarla. Dalla dinamica quindi, possiamo avere poche certezze per quanto riguarda il movente del delitto, non possiamo neanche dire approssimativamente se l’Adreani sta percorrendo la stradina per raggiungere la macchina o per tornarvi.
Il ritrovamento a pochi metri dal cadavere, dell’arma del delitto, può indicare lo stato di agitazione in cui si trova l’assassino dopo avergli sparato. Solitamente, seminare l’arma del delitto su una scena del crimine, denota una certa improvvisazione dell’atto criminale e non di certo una premeditazione a lungo termine.


Un delitto maturato all’interno di ambienti omosessuali?

Si tratta del movente su cui i Carabinieri hanno indirizzato le proprie indagini, individuando come colpevole il Rizieri Melani, che viene riconosciuto innocente solo dopo il giudizio d’appello. 
Anche se questa pista potrebbe essere la più semplice da ipotizzare, le forze dell’ordine avrebbero fatto meglio ad indagare a 360 gradi senza escluderne delle altre. Rimane indubbio, che le Forze dell'Ordine, già dagli anni del delitto di Carmelo Lavorini, non vedono di buon occhio le riunioni della comunità omosessuale di Torre del Lago e l'occasione, può essere stata un buon motivo per approfondire ed indagare all'interno di questo contesto.

 
Le determinazioni sull’arma del delitto

Ricerche più approfondite sull’arma del delitto avrebbero potuto essere determinanti per poter avere delle indicazioni in più sul soggetto che ha compiuto l’omicidio, noi non siamo a conoscenza se le Forze dell’Ordine abbiano approfondito la pista, ma di certo le loro indagini non sono servite per avere delle prove che indicassero un soggetto come autore del delitto, oltre ogni ragionevole dubbio.
Per prima cosa si notano alcuni aspetti interessanti, il fucile è stato segato sulla canna da mano esperta e il taglio è avvenuto anni prima della consumazione del delitto. Chi l’ha fatto? E’ possibile che sia stato segato dal vecchio proprietario prima del furto, o subito dopo dalla persona che lo ha rubato.
La seghettatura del calcio al contrario, ha una datazione recente ed effettuata da mano poco esperta. La prima, troppo vicina ai cani, indica che chi l’ha praticata non è un esperto di armi, nonostante tutto si è accorto dell’errore, ed ha cercato di rimediare con del nastro adesivo.
Una persona poco esperta può anche da sola accorgersi dell’errore che sta commettendo, ma è anche possibile che nell’operazione fosse aiutata da un altro soggetto che gli ha indicato precisamente dove segare per ottenere un calcio più corto.


Considerazioni finali

Tutti gli aspetti indicati possono portare alle seguenti considerazioni:

- Il soggetto che ha sparato ha intenzione di avvicinarsi al bersaglio senza allarmarlo e ha bisogno di percorre la strada prima di raggiungerlo, per questo si è preoccupato di seghettare il calcio del fucile, pur non essendo perfettamente in grado di farlo. Occultare l'arma diventa una necessità importante se si attraversa una strada altamente frequentata.

- Il soggetto deve avere qualcosa per occultare l’arma, nonostante le sue dimensioni ridotte dal taglio del calcio. Non può essere un vestito, d’estate sarebbe troppo visibile, può essere un oggetto di uso comune da mare. Con molta probabilità, ma sempre con le giuste precauzioni, possiamo ipotizzare ragionevolmente che si possa trattare di un telo da mare.

- Il delitto è un gesto premeditato, a di la del movente principale che determina il gesto e di cui non possiamo essere certi. L’assassino ha agito con freddezza, portandosi dietro un’arma carica, rubata e opportunamente modificata, con il chiaro scopo di uccidere.

- La posizione del corpo, le ferite, fanno ipotizzare che l’Andreani sia stato colto di sorpresa e da una persona che si è posizionata sul limitare della stradina e che ha sparato appena lo ha visto arrivare.
Altra ipotesi è che l’Andreani conoscesse l’assassino e che tranquillamente venisse seguito da lui leggermente dietro, al fianco sinistro. Quest’ultima ipotesi è meno verosimile della precedente ma non è possibile escluderla.

- L’utilizzo di un’arma rubata anni prima e non nelle immediate adiacenze della zona del delitto, fanno ragionevolmente ipotizzare che l’assassino abbia contatti con il mercato nero della zona e possa procurarsi un’arma per non essere identificato.

- Il soggetto non è una persona esperta di armi, ha segato il calcio in un punto non idoneo e non ha abraso la matricola, nonostante abbia provato a farlo, sbagliando anche in quel caso.

- La mancanza del portafoglio fa supporre che lo scopo del delitto possa essere una rapina, va però tenuto conto che l’orologio della vittima si trova ancora al polso del cadavere e sembra essere un Rolex di alto valore. Se il nostro soggetto ha comunque contatti con il mercato nero e può procurarsi un’arma rubata, è ragionevole pensare che possa avere anche dei contatti per vendere un Rolex rubato.

Nonostante i nostri dati recuperati da fonte giornalistica siano parziali, incerti e non sufficienti per poter avere una chiara visione del delitto, ascoltiamo cosa ha da dire nella sottostante intervista l’Investigatore Privato Davide Cannella, Direttore dell’Agenzia Investigativa Falco di Lucca, che al tempo ha lavorato nella Squadra di Polizia Giudiziaria di Viareggio che si è occupata del caso: