Delitto Hana Kindlova
Il ritrovamento
Ore 6.50 di giovedì 19 agosto 1993, Bagno Marcella a Torre del Lago, Aldo Guerrini pensionato di 65 anni residente a Pistoia passeggia in riva al mare. Una camminata abitudinaria che il signore fa ogni mattina, il vizio di un villeggiante che da sette anni frequenta sempre la solita meta per le vacanze, la Versilia. Anche quest’anno la presenza del Guerrini non è mancata e con sé, come tutti gli anni lo hanno accompagnato i familiari, la moglie, il figlio Maurizio, la nuora e i nipoti. Il mare è calmo, da terra spira un timido vento, l’aria è tiepida. Tra la risacca delle onde sulla spiaggia Aldo nota qualcosa. E’ un corpo, deve fare alcuni passi in più per esserne sicuro, la certezza definitiva arriva quando il cadavere sbattuto da un’onda più forte si gira a faccia in su: è una donna. Anzi, una ragazza molto giovane, il corpo è completamente nudo.
Aldo corre a chiamare il figlio che al momento sta ancora dormendo. Maurizio Guerrini salta giù dal letto e segue il padre sulla spiaggia, corre a perdifiato, il corpo si è già spostato di 20-30m, trascinato dalla corrente. Prima era sul confine del bagno Marcella, adesso è sul confine del bagno Aurora. Maurizio chiama la polizia, sono quasi le sette e in pochi minuti tre volanti sono arrivate di fronte alla spiaggia. L’area è recintata e iniziano le ricerche di indizi, gli agenti battono la spiaggia metro per metro per individuare tracce utili, magari gli indumenti strappati dal mare. Percorrono la battigia per 2 km in direzione Pisa, dalla parte opposta in cui tira la corrente, non trovano nulla di interessante.
Aldo Guerrini racconta con le sue parole il ritrovamento del cadavere sulla spiaggia:
“Ogni mattina mi alzo presto e vado a farmi una passeggiata sulla spiaggia, con me stamani c’era anche mia moglie, ma era rimasta un po’ indietro, sulla passerella che porta al mare. Io invece sono arrivato fino alla riva. Il corpo era sulla battigia, proprio dove si infrange l’onda. L’ho capito subito che era un morto, si vedeva anche da lontano: era bocconi, l’acqua lo muoveva e a un certo punto un'onda l’ha fatto girare. Allora si è visto che era una ragazza, lì per lì ho pensato che fosse annegata.
Non avevo il coraggio di avvicinarmi, sono andato a chiamare Maurizio (il figlio) che era ancora a letto. Mio figlio ha chiamato la polizia con il telefonino cellulare. I poliziotti sono arrivati subito. Li abbiamo accompagnati sulla spiaggia, saranno passati dieci minuti al massimo e intanto la corrente aveva spostato il cadavere 20-30 metri verso nord al confine col bagno Aurora. Dopo siamo andati alla polizia e ci hanno fatto firmare le dichiarazioni.”
Anche il figlio Maurizio racconta l’avventura estiva:
“Vieniamo qui ogni estate, sempre al solito appartamento qui al bagno Marcella, ogni volta nel mese di agosto, ormai da sette anni. Siamo rimasti molto male di quello che è successo. Si ci ha un po’ scombussolato. Non siamo abituati ad essere intervistati, insomma non ci è mai capitato di trovarci in una situazione del genere. Con tutta questa confusione. Il mio bambino più grande mi ha fatto delle domande, era inevitabile. Gli ho detto che la ragazza è annegata.”
Rilievi esterni sul cadavere
Fotografia per il riconoscimento del cadavere e luogo del ritrovamento
A prima vista è possibile avere alcune informazioni descrittive sul corpo della giovane, per tentare un riconoscimento, si tratta di una ragazza molto carina, dall’apparente età di 20-25 anni, carnagione chiara, leggermente abbronzata dal sole. Sulla pelle segni di un costume olimpionico e tracce di un braccialetto e di un anello che non vengono rinvenuti sul corpo. Altezza media, capelli corti, biondi, ondulati, occhi chiari, unghie laccate con uno smalto rosso, tracce di manicure, aspetto ben curato, il corpo è completamente nudo.
Il medico legale incaricato dei primi rilievi sul cadavere è il dott. Gilberto Martinelli, gli esami vengono fatti esternamente e il patologo riesce a dare le prime impressioni sul delitto. Il corpo femminile non ha segni di buchi nelle braccia, quindi apparentemente non si tratta di una tossicodipendente, presenta però una vistosa ecchimosi sullo zigomo sinistro e altri segni sul volto, che possono essere ascrivibili allo sfregamento della pelle sulla sabbia. Due lividi a strisce sono individuati sul collo della giovane, secondo il dott. Martinelli potrebbero essere stati causati dallo strappo di una catenina o di un indumento. Sul polso destro sono visibili i segni di un braccialetto e un anello causati dall’abbronzatura. Non vi sono tracce evidenti di violenza sessuale e non vi è traccia di acqua nei polmoni, la ragazza non è morta annegata e tutto fa pensare che sia rimasta in acqua solo per poche ore.
Rilievi delle forze dell'ordine sul luogo del ritrovamento
L’ipotesi iniziale
Le prime indagini scattano immediatamente dopo il rinvenimento del cadavere, gli agenti della polizia si recano ad alcuni camping adiacenti alla spiaggia e con la foto della donna, cercano delle corrispondenze. Le ricerche si allargano, sono contattati gli organi d’informazione, i giornali e le televisioni, il volto della donna fa il giro della Toscana.
Le ipotesi al vaglio sono numerose e in una prima fase delle indagini è difficile escluderle tutte, le forze dell’ordine però si concentrano su quella che ritengono la più credibile, ovvero che il cadavere sia stato gettato da un’imbarcazione. Il sostituto procuratore Manzione chiede informazioni alla Capitaneria di porto per conoscere gli yacht usciti dalla darsena e le correnti presenti nel tratto di costa che interessano il ritrovamento. L’ipotesi perde leggermente corpo nel momento in cui le forze dell’ordine arrivano a conoscenza che la sera precedente soffiava vento di terra e le correnti, di modesta intensità, lambivano la costa da sud in direzione nord, questo in linea teorica dovrebbe escludere che il cadavere provenga dal mare aperto.
Ma le possibilità sono troppe per trarre delle conclusioni, la ragazza potrebbe essere stata abbandonata vicino alla riva, uccisa in pineta e poi gettata in mare.
Gli agenti immaginano che la giovane donna sia collegata alla movida della Versilia, il luogo di ritrovamento è a poche centinaia di metri dal locale denominato “Frau Marlene”, nota discoteca gay frequentata anche da prostitute.
Chi è quindi la giovane donna ritrovata senza vita sulla spiaggia di Torre del Lago?
Riuscire a dare un nome a quel volto non sarà molto semplice!
Le ricerche si estendono anche alle zone limitrofe alla spiaggia
Il sostituto procuratore Domenico Manzione
Domenico Manzione
Trova ampio spazio nelle cornache cittadine del tempo la figura del magistrato che si occupa di questo delitto. Domenico Manzione sostituto procuratore della repubblica di Lucca, già negli anni passati è stato incaricato di indagini molto delicate, dalla tangentopoli lucchese allo sbarco della criminalità in Versilia. Nel 1989 si è occupato del delitto Iacopi, un interessante caso che riproporremo anche in questo archivio. Luciano Iacopi, ricchissimo proprietario immobiliare, venne assassinato nella propria abitazione a Forte dei Marmi, sospettati e accusati del delitto furono la moglie Maria Luigia Redoli e l’amante, Carlo Cappelletti, carabiniere a cavallo, circuito dalla Redoli, ribattezzata dalle testate giornalistiche la “Circe dalla Versilia”.
Del dott. Manzione viene sottolineata la grinta e la tenacia con cui ha affrontato e risolto casi importanti negli anni ‘80-’90.
“Se è stato un delitto, come al momento fa ritenere più di un particolare, potrà confermarlo solo l’autopsia stamane”.
Dice Mansione ai cronisti il giorno successivo al ritrovamento del corpo. La prima ricerca effetuata avviene alla capitaneria di porto di Viareggio, Mansione richiede la visione delle carte nautiche per studiare l’andamento delle correnti nel tratto di mare che dal porto arriva al luogo di ritrovamento. Da terra soffiava un vento molto leggero, mercoledì sera, notte in cui si presume sia morta la ragazza, però le correnti avevano direzione di scirocco da sud verso nord, ed è possibile abbiano spinto il corpo verso la spiaggia, Manzione spiega:
“A trecento metri dalla riva la corrente viaggia intorno ai tre chilometri l’ora e questo significa che il corpo può essere arrivato da parecchio lontano, presumibilmente da sud”.
Per il magistrato le ipotesi rimangono comunque tutte sul tavolo e le indagini proseguono a 360° senza tralasciare neanche l’elemento più insignificante. Certo la mancata identificazione del corpo rallenta molto le ricerche e non offre la possibilità di scartare alcune delle supposizioni presentate.
Rimane remota, in questa fase preliminare dell’indagine, la possibilità che la giovane ritrovata senza vita, faccia parte del giro di prostituzione che gravita intorno ai locali della costa in zona Torre del Lago. In un primo tempo era stata presentata dagli organi della stampa come una possibilità quasi certa, eppure i lineamenti della ragazza, i dettagli del suo corpo non fanno propendere la possibilità che sia una prostituta ma piuttosto una normale villeggiante venuta per godersi le vacanze estive sulla costa versiliese.
La prima testimonianza di riconoscimento
Titoli dei quotidiani di cronaca nazionale
I cronisti fanno girare la foto della ragazza rinvenuta senza vita sulla spiaggia di Torre del lago nel tentativo di dare un nome alla sconosciuta non ancora identificata.
Al Club Nautico del porto di Viareggio un barista, Adolfo Favilla, viene avvicinato da un giornalista e lui riconosce il volto della giovane, è sicuro di averla vista:
“Certo che l’ho vista. Direi proprio che è lei. L’ultima volta l’ho vista sabato, o forse domenica. E’ entrata nel bar per andare alla toilette. Era sempre insieme a tre o quattro ragazzi, forse fiorentini. Tutti giovani, di 22-24 anni: la mattina venivano qui per fare colazione. Era una ragazza non troppo alta, con i capelli chiari, poi mi sembra di riconoscere anche gli occhi. Non era del luogo, ma sicuramente era toscana, forse fiorentina, come i suoi amici. Me la ricordo bene, anche perché è venuta parecchie volte. Visto che venivano a fare spesso colazione, presumo che avessero una barca in una degli approdi più vicini, magari una piccola barca a vela”.
Ma quei segni sul collo, quelle ecchimosi in altre parti del corpo, quegli anelli spariti segnalati dalla mancata abbronzatura sull’anulare destro, stanno a dire che quella povera ragazza deve aver trovato un’orribile fine per colpa di mani di ignoti assassini. O comunque, da qualcuno che forse si è voluto sbarazzare di un corpo agonizzante come un sacco da buttar via, dove? In mare aperto o sulla spiaggia? Più probabilmente la prima ipotesi anche se nessuno esclude la seconda.
Le risultanze della perizia autoptica
Foto a colori del corpo rinvenuto a Torre del Lago, quotidiano La Nazione
1- Ecchimosi sulla fronte, forse segni di pressione e sfregamento sulla sabbia;
2- Ecchimosi allo zigomo;
3- Frattura del setto nasale;
2- Segno di pressione sul collo;
A 48 ore dal ritrovamento del corpo, il cadavere non è stato ancora identificato, però dall’Istituto di Medicina Legale arrivano le prime risultanze dell’autopsia che sciolgono molti dubbi e permettono finalmente di scartare alcune ipotesi.
La ragazza bionda ritrovata nuda e priva di vita sul litorale della Versilia è morta soffocata dal proprio aggressore (o aggressori) nel mentre le veniva schiacciato il volto con forza nella sabbia. La presenza di sabbia infatti è stata riscontrata all’interno dei polmoni e questo non lascia spazio ad alcun tipo di dubbi sulle modalità con cui è stata uccisa. La sabbia trovata nelle vie respiratorie è sabbia di mare non di pineta che è più polverosa e contiene aghi di pino, questo significa che il delitto è avvenuto sulla riva del mare. Sul collo sono riscontrate tracce di pressione delle dita, ecchimosi sulla nuca, sul naso, sugli zigomi e sulla fronte. La mancanza di segni di trascinamento su gambe e braccia indicano che il corpo non è stato spostato ma direttamente abbandonato nel luogo del delitto.
Qualcuno l’ha quindi afferrata da tergo, tenendole la testa per i capelli e schiacciandola a terra senza darle alcun modo di poter respirare, dopo averla soffocata il corpo è stato lasciato in riva la mare, la marea l’ha prima spinto in acqua per poi spiaggiarla qualche decina di metri più a nord, come stabilito dallo studio delle correnti. Non vi sono però alcuni segni di violenza che possano indicare una resistenza della giovane all’aggressore, nessuna traccia sotto le unghie, ne di violenza sessuale. L’orario della morte è stato indicato approssimativamente intorno alle tre del mattina. La perizia autoptica eseguita dal dott. Gilberto Martinelli e la sua equipe, coadiuvata dalla polizia scientifica, non ha tralasciato niente, il tutto è stato filmato per poter individuare più elementi possibili per raggiungere la sua identificazione. Non viene notata alcun genere di frattura vecchia o nuova dagli accertamenti radiologici, presenta alcune otturazioni ai denti che fanno presupporre un lavoro costoso che lascia intuire l’appartenza della giovane ad un discreto ceto sociale. Nello stomoco vengono rilevate tracce di cibo, non ci è dato sapere di cosa si tratta. Non si conoscono i risultati tossicologici per evidenziare la presenza di droghe nel cadavere, normalmente (anche oggi è cosi) per i risultati di questi esami occorrono alcuni mesi.
Dai rilievi sulla scena del crimine e dalle successive ricerche sulla battigia della spiaggia emergono alcuni elementi che potrebbero risultare utili nelle indagini, un coltello, qualche fazzoletto di carta, una mezza lattina di coca cola. Potrebbero essere stati lasciati da un bagnante o un frequentatore notturno della spiaggia e perché no?! Potrebbe averli lasciati anche l’assassino.
Abbiamo adesso una risposta ad alcuni dei quesiti posti, sappiamo la causa che ha determinato la morte della giovane ragazza e sappiamo a grandi linee la dinamica su come si è svolto il delitto.
Ma le domande sono ancora molte e le più insistenti sono:
-
Come mai il cadavere era completamente nudo?
-
Perché l’assassino (o altri) si è preoccupato di togliere i vestiti, l’anello e il bracciale dal corpo della ragazza?
-
E’ forse un delitto a sfondo sessuale? Le analisi non sono state troppo precise sulla possibilità che la ragazza sia stata oggetto di violenza, è sicuro che sia stata trovata sabbia nella vagina e nel retto.
-
Si tratta invece di staging?
-
Gli oggetti sono spariti per ritardarne l’identificazione?
-
Ma soprattutto, chi è la giovane uccisa?
Francesco Bruno e la teoria crimonologica dell' aumento dei delitti con il caldo
In criminologia esiste una teoria chiamata “Teoria termica” che associa alte temperature climatiche e l'aumento dei delitti, a spiegarci il nesso il famoso crimionologo Francesco Bruno titolare della cattedra di criminologia alla Sapienza di Roma:
“Il caldo e l’umidità, come sostiene lo studioso Quetelet, vissuto in Francia a metà ottocento e il primo a studiare gli effeti del clima sulla personalità, creano difficoltà a controllare gli impulsi. Questo in personalità disturbate, patologicamente gelose, provoca raptus irrefrenabili”.
Una spiegazione psicodinamica all’aumento degli omicidi viene teorizzata anche da Freud che studiando l’incoscio teorizzò che la siocietà è tanto più avanzata quanto più ha allontanato gli istinti sessuali.
“D’estate le tensioni si allentano, si lavora di meno, diminuiscono i condizionamenti sociali e dunque si riaffacciano gli impulsi sessuali rimossi – continua Francesco Bruno – Il periodo estivo segna sempre un picco per gli omicidi. Quanto più dura il caldo, tanto più aumenta il rischio di delitti. La scorsa estate fu l’estate delle morti degli omosessuali, questa delle donne. Del resto il 90% dei criminali è di sesso maschile, così come il 90% delle vittime di delitti passionali sono donne.
Tanto più è basso il controllo sugli istinti, tanto maggiore è la brutalità dell’esecuzione.
Chi lo commette è spinto dal desiderio di rivalsa e di punizione. Ad esempio, la scelta del coltello come arma del delitto, è il segno di un desiderio di penetrazione sessuale che si vorrebbe compiere ma che non si può o non si ha la forza di commettere”.
Tre piste per risolvere il giallo dell’estate
Il quotidiano Il Tirreno propone tre diverse teorie che potrebbero spiegare le motivazioni che stanno dietro al delitto, non ci è dato sapere se anche le forze dell’ordine stessero seguendo queste piste, però vale la pena di presentarle:
-
Il fidanzato
La ragazza si è recata sulla spiagga con un amico, qualcuno che conosceva bene, magari il fidanzato. Forse c’è stato un rapporto sessuale, ma la giovane potrebbe essersi ribellata alla richiesta di una particolare <<pratica>>, ipotesi che non è stata esclusa dal medico legale. Distesa sulla spiaggia la ragazza avrebbe tentato di divincolarsi e il partner le avrebbe pressato il volto nella sabbia, senza accorgersi che la stava soffocando, la dinamica ipotizzata sembra simile al delitto di Daniele Gravili (“Il mostro di Lecce”). Si tratterebe in tal caso di omicidio preterintenzionale (ricordiamo questo particolare perché sarà estremamente importante nelle conclusioni del caso N.d.A.).
L’omicida però si è preoccupato di togliere ogni possibile oggetto di riconoscimento alla vittima a partire dai due anelli che teneva all’anulare destro. Questo denota una lucida follia criminale, più che una morte non voluta. Possibile che quella notte in spiaggia nessuno si sia accorto di qualcosa? Solitamente la zona è frequentata da giovani, coppiette, falò occasionali, persone che passeggiano ecc. possibile che nessuno di loro abbia visto nulla?
La dinamica di questa ipotesi ha molti elementi che potrebbero combaciare con il caso in oggetto, si tratta di una dinamica già accertata in altri delitti e come in molti casi viene riproposta quando le scene del crimine sono simili. L’elemento che fa propendere per altre spiegazioni è contenuta nell’ipotesi stessa, il furto di anelli e bracciale mal si sposa con un omicidio preterintenzionale, soprattutto commesso da una persona conosciuta alla vittima come il fidanzato. E’ evidente da alcuni elementi (strangolamento, luogo e orario del delitto, assenza di vestiti, ecc.) che l’assassino è persona conosciuta dalla vittima. -
Il partner occasionale
Nella Versilia delle frenesie estive è facile che nascano amori stagionali, che si allaccino a conoscenze nelle discoteche, nei campeggi e negli stabilimenti balneari. La ragazza potrebbe essere una vittima di questi incontri.
Inconsciamente avrebbe aderito all’invito di fare due passi sulla spiaggia insieme a quello che sarebbe diventato il suo carnefice.
La richiesta respinta di un rapporto sessuale, la reazione del partner conosciuto per caso, che deluso l’avrebbe presa a botte, soffocandola sulla spiaggia fino a farla morire.
Oppure l’altrettanto rabbiosa reazione di qualcuno, che l’aveva invitata senza riuscirci, ad una gita in barca, qualcuno che frequenta la zona del delitto.
Sul cadavere non sono stati riscontrati segni di violenza carnale (non se abbia avuto un rapporto sessuale, questo elemento non lo conosciamo, sappiamo che non ci sono però segni di violenza). La sabbia nelle parti intime sarebbe giustificata dallo strofinamento del corpo con il bagnasciuga a causa delle correnti.
Eppure anche questa ipotesi non sembra quella giusta, sul corpo della vittima non sono stati evidenziati segni da difesa, sulle braccia, sulle mani e sulle unghie. Ciò farebbe presumere che la ragazza sia stata presa di sorpresa e di spalle, questa ipotesi invece prevede un litigio con il partner occasionale che successivamente passa all’aggressione. Difficilmente la donna avrebbe dato le spalle ad una persona con cui litigava, le sarebbe stato di fronte, in tal caso nel momento in cui l’aggressione sarebbe iniziata istintivamente avrebbe comunque tentato di difendersi alzando le mani. -
Una prostituta
Una turista come tante altre, italiana o straniera, ma rimane comunque in piedi la possibilità che si tratti di una prostituta, che non a caso sarebbe arrivata con qualcuno in quella zona di torbidi incontri clandestini.
Si batte la pista di un famoso night sul lungomare viareggino. Tra le tante segnalazioni che sono giunte a seguito delle foto pubblicate sui giornali, una di queste dice che la ragazza potrebbe essere impiegata in questo locale notturno e frequentatrice anche di un casa per appuntamenti, conosciuta da tempo dalla sezione buoncostume del commissariato.
A poco più di 100m dal luogo del ritrovamento, viene individuata una specie di alcova ricavata nella spiaggia e occultata da due dune. Al suo interno due coperte di lana con fantasie a fiori, un cuscino di gomma piuma e una bottiglia d’acqua piena per metà, sul cuscino dei peli che potrebbero essere di sopracciglia. Si tratta di un particolare che non è per forza da mettere in relazione con il delitto, visto che non abbiamo elementi certi per poterlo affermare.
Forse il suo viso angelico, o forse la sua giovane età, eppure la possibilità che il cadavere rinvenuto potesse essere quello di una prostituta è stato subito scartato fin dalle prime battute dell’indagine. Forse dire “scartato” è un po’ esagerato, ma è fuor d’ogni dubbio che la possibilità che fosse una donna di piacere viene relegata all’ultimo posto. Eppure le evidenze sono notevoli, la bellezza, la cura del corpo, i dettagli di mani e unghie, un locale notturno poco lontano, la zona utilizzata da prostitute e scambisti per i loro incontri e molto altro ancora. Probabilmente la ragazza è una prostituta che conosceva la persona che l’ha uccisa!
E’ Isabella Braschina?
Alla redazione Ansa di Perugia arriva una segnalazione che porta ad una pista inaspettata per gli inquirenti, ma che potrebbe essere una spiegazione per cui l’opinione pubblica ha preso a cuore la sorte di questa ragazza.
Una donna sfogliando la rivista Novella 2000, individua notevoli somiglianze tra la ragazza uccisa e Isabella Braschina (figlia diciottenne di Rossana Seghezzi e Gianfranco Funari), decide quindi di avvertire i media. La somiglianza è impressionante e la voce giunge anche agli investigatori che vogliono vederci chiaro. Isabella, che aveva partecipato ad un programma sul <<Mezzogiorno italiano>> su Italia Uno è stata rintracciata alle 20 nella sua abitazione di Santo Stefano in Liguria.
Con tutta probabilità il volto della giovane ragazza insistentemente presentato all’opinione pubblica nel tentativo di darle un nome, giovane e carino ha fatto si che le indagini prendessero un piega diversa.
La pista della straniera dell’est
A mettere su questa pista gli inquirenti è una telefonata anonima giunta venerdì 20 agosto 1993, al centralino della compagnia di Viareggio da una località del nord Italia. Il testimone avrebbe fornito molti dettagli interessanti sulla biondina non mancando di dichiarare nome e cognome.
Una ragazza di 20-22 anni proveniente da un paese dell’est o dall’Austria, giunta in Italia per lavoro e poi finita in un giro poco pulito, uccisa perché si rifiutava di prostituirsi. La perosna che ha raccontato queste vicende dirà di aver vissuta vicino a lei per un po’ di tempo. Il Capitano Patrizio Florio e il Maresciallo Giulio Lazzeri, prendono in gran considerazione la segnalazione e battono tutta la Versilia alla ricerca di riscontri.
A conferma di questa tesi va aggiunta anche la testimonianza di alcune prostitute sentite dai Carabinieri che dicono di averla riconosciuta come una nuova collega che da poco sulla piazza.
In attesa di riscontri confermati attraverso le ricerche dell’Interpol, gli inquirenti organizzano un summit coordinati dal sostituto Procuratore Domenico Manzione.
Eppure l’ipotesi continua ad essere supportata da molti elementi, alcuni mesi addietro a Massa furono arrestati tre austriaci che attiravano in Italia ragazze connazionali con la scusa di un lavoro e di soldi facili, per poi sequestrargli il passaporto costringendole a prostituirsi. Un giro enorme tra protettori e sfruttatori, tutti o austriaci o slavi, che controllano il giro sulla costa, accompagnano le ragazze, tutte provenienti dai paesi dell’est (russe, rumene polacche, della Repubblica Ceca). Queste donne raggiungono facilmente l’Italia perché vengono forniti di passaporti provenienti dall’ex Jugoslavia e si dichiarano profughe di guerra, in questo modo riesocono ad evitare i controlli della polizia. Molte di queste ragazze provengono anche dalla costa adriatica, dove si sta svolgendo una guerra tra slavi e austriaci per il monopolio del mercato della prostituzione. Molte di queste ragazze sfortunate, se minacciano di lasciare “il giro” vengono fatte sparire per sempre.
Intanto giungono nuove informazioni importanti dalle risultanze autoptiche, poco prima di morire la ragazza ha bevuto un cocktail in uno dei locali vicino, dal contenuto gastrico sono individuate tracce di alcolici e semi di arachidi. L’omicidio sarebbe avvenuto più o meno alle ore 3 prima del ritrovamento del corpo, il medico legale ha evidenziato un grosso ematoma interno sulla nuca, ciò significa che l’assassino le ha premuta le testa con una grande forza contro la sabbia, per questo è possibile si tratti di un individuo dalla corporatura robusta.
Il bagnino dello stabilimento Aurora, racconta la vita notturna
Foto stabilimento Aurora
Il bagno Elena, il bagno Marcella, poi l’Aurora e infine il Lagomare, l’ultimo baluardo della normalità, da li un confine della trasgressione notturna, dove può succedere di tutto.
“Quella non è spiaggia per innamorati che vengono a scambiarsi effusioni al chiaro di luna – dice Roberto, il bagnino dell’Aurora – chi ci viene ci viene di proposito, perché sa cosa trovarci”.
“Eh se fosse stata una per bene non ci sarebbe venuta, forse si è fidata di qualcuno, forse è una di fuori. E’ come quei turisti che di notte si fermano a dormire in macchina., magari con gli sportelli aperti, al fresco del viale dei tigli. Loro non sanno che quella è una zona dove è bene stare alla larga”.
Regina transessuale delle Versilia, racconta la vita notturna
Regina, uno dei transessuali storici della riviera non ci sta a demonizzare la vita notturna locale, il locale Frau Marlene a Torre del Lago è sempre stato un baluardo della vita trasgressiva notturna, ed è stato al centro di numerse lotte per la libertà sesssuale.
“E’ dal 1972” racconta Regina, “che il Frau è considerato meta importante per il turismo gay in Italia, in quegli anni apparve su riviste specializzate. Non è certo colpa dei gay se la notte, alla rotonda vicino al locale, c’è tutto quel giro di coppiette che si scambiano segnali con i fari e quant’altro ne consegue”.
La pista della danese
“E’ lei, è Kira”. Sono state queste le parole di uno studente coreano che ha visto la fotografia della ragazza uccisa a Viareggio, una studentessa danese di 22 anni, sembrerebbe l’ultimo tentativo di dare un nome alla vittima di questo delitto.
Bionda, con i denti sporgenti, il naso un po’ aguzzo e il volto minuto, una somoglianza impressionante.
Kira Nipgaard, studentessa danese all’università di Perugia alla facoltà di lingue, la prima segnalazione viene fatta da una telefonata al commissariato di Viareggio da una voce femminile che dice di essere amica della vittima. Ne è sicura al 100%, lo dichiara agli inquirenti che mettono immediatamente in moto la macchina delle indagini. Esiste alla facoltà di lingue di Perugia una ragazza danese di nome Kira Nipgaard, abita in un ostello che ospita centinaia di giovani stranieri iscritti a corsi universitari, guarda caso, la ragazza manca da alcuni giorni. Vengono contattati i vicini di camera, uno studente coreano e uno del Ruanda. Anche loro dalle foto non hanno dubbi, si tratta di Kira. Anche la tv da ormai certa la notizia, la biondina ritrovata sulla spiaggia è stata finalmente identificata, è una studentessa danese di 22 anni. L’Interpol riesce a contattare la famiglia ma ad aprire la porta di casa a Copenhagen è Kira, la ragazza che sarebbe dovuta essere all’istituto di medicina legale. Un'altra falsa identificazione che ha fatto perdere slancio alle indagini, gli inquirenti ormai sono certi, si tratta sicuramente di una ragazza straniera, se fosse stata italiana amici e parenti dopo tutto questo tempo si sarebbero fatti vivi.
La pista della prostituzione
Abbandonata la pista della danese, le forze dell’ordine si concentrano negl’ambienti notturni della versilia, in particolare quelli che riguradano il sesso e la prostituzione. Ufficialmente le retate hanno lo scopo di debellare il mercato del sesso lungo il litorale, ma è solo una scusa per far girare la foto della biondina e farla osservare attentamente a lucciole o a personaggi che gravitano negli ambienti.
Le indagini si estendono a Torre del lago fino al Cinquale, zona di lavoro delle prostitute dell’est.
A Cinquale e Poveromo gli inquirenti mesi prima hanno sgominato una banda di austriaci, quattro persone tutte di origine austriaca sono stati arrestati per sfruttamento della prostituzione, Andreas Heinrich Naggler, Marcus Rantasa, Josef Soll e Franz Schwaiger. I quattro gestivano una tratta di donne austriache reclutate attraverso agenzie turistiche di Graz con la prospettiva di lavoro come interprete in alberghi o locali turistici. In realtà quando giungevano in Italia venivano private del passaporto e avviate al mercato della prostituzione. Base operativo del traffico di essere umani è risultato essere il Cinquale e Marina di Pietrasanta in particolar modo. Il G.I.P. del tribunale di Massa, il 15 luglio ha condannato tutti e quattro gli imputati a 11 anni di carcere, negando loro la possibiltà di essere rimessi in libertà per pericolo di fuga, pericolo di reiterazione del reato e inquinamento delle indagini.
Nel capo di imputazione i quattro devono rispondere di minacce ai danni di due lucciole italiane, alle quali era stato intimato di cambiare zona di lavoro, per agevolare la prostituzione di alcune connazionali.
Chiarmente questo fatto di cronaca condiziona le indagini sul delitto della biondina di Torre del Lago, gli inquirenti voglio approfondire la situazione, qualche complice dei quattro austriaci potrebbe essere sfuggito alla rete delle forze dell’ordine.
Per prima cosa le ricerche si baano sull’individuazione delle due prostitute allontanate e delle tre ragazze che le hanno sostiuite.
Una super testimone sentita dalla Polizia
E’ sempre lei, Regina, leader del movimento transessuali della Versilia a mettere di nuovo in moto le indagini. Ormai sembra chiaro che Regina è diventata un’informatrice importante per i Crabinieri e la Polizia di Viareggio, la sua frequentazione del Frau e degli ambienti notturni può essere determinante per conoscere qualche indiscrezione in più sui vari movimenti che avvengono nella notte.
Regina, durante i suoi giri ha registrato la targa di una macchina, che sul momento ha ritenuto sospetta a causa della scena a cui ha assistito: un uomo e una donna stavano litigando all’interno di un’autovettura alfa 33 di colore bordeaux, un secondo uomo, impassibile, osserva il litigio senza partecipare alla discussione.
Il luogo in cui si trovavano? La “rotonda del sesso” appena fuori dal Faru Marlene.
A che ora? La notte tra mercoledì e giovedì alle ore 2.45.
A quale città apparteneva la targa della macchina individuata? Roma.
“Di solito non faccio caso a chi sta sulle macchine, ma quella sera avevo l’impegno con il giornale (?). Così ho notato l’alfa bordeaux targata Roma. La prima volta all’1.30, l’ultima alle 2.45 circa. Ha fatto un paio di giri intorno alla rotonda e poi si è fermata. Sopra c’erano tre persone due uomini e una donna. Il secondo uomo potrebbe essere salito dopo. La ragazza l’ho vista abbastanza bene perché ho incrociato il suo sguardo e lei mi ha fissato con insistenza.
Era bionda, con i capelli ondulati lunghi fino alle spalle. Aveva una faccia d a straniera, direi dell’Europa settentrionale o dell’est. L’uomo che guidava aveva tra i 30-35 anni, capelli scuri e lunghi, ma era piuttosto robusto, ma non sarei in grado di riconoscerlo da una foto. L’altro stava sul sedile posteriore e teneva un braccio appoggiato allo schienale. La coppia litigava a voce alta, io avevo lo stereo ad alto volume e non ho capito cosa dicevano”.
La pista slava
Un’interessante ipotesi sull’identità della ragazza giunge da Udine, un uomo di giovane età Gianclaudio Marcassa , magazziniere è convinto di conoscere la biondina:
“Ho visto la foto sul giornale e mi sembra lei”.
Il giovane viene condotto all’istituto di medicina legale di Pisa per il riconoscimento del cadavere, non ne è del tutto sicuro ma pensa che si tratti della persona che conosce:
“Non sono sicuro perché la ricordo come una ragazza molto bella, e oggi ho visto un volto tumefatto, col naso rotto, le labbra ritratte. Non è piacevole osservare un cadavere”.
“Potrebbe essere Diana, una entreineuse che lavora in un night di Tolmino, in Slovenia.Avrà avuto vent’anni, veniva dalla Lituania. Lì si trovano due tipi di ragazze, alcune scelgono di fare quella vita per sempre mentre altre vogliono solo guadgnare un po’ di soldi, molte sono studentesse. Prendono 300.000 lire a prestazione e il 90% dei clienti sono italiani. Non so se quella ragazza sia Diana, ma alcune caratteristiche corrispondono. Era entrata in un giro strano, la vedevo salire spesso su auto di grossa cilindrata, Porsche, Mercedes. Frequentava italiani di una certa età che le avevano promesso di farla entrare nel mondo della moda. Non la vedo dai primi di maggio, l’ho sentito l’ultima volta per telefono il 28 maggio.”
Il gestore del resort a Tolmino conferma la presenza di una donna di nome Diana Buscanaite, ventenne Lituana, che ha lavorato li ma che ha lasciato a maggio e adesso non si sa dove si trova.
La pista della prostituta che viene da Roma
E’ il 24 agosto, alla caserma dei carabinieri di Viareggio giunge un’altra segnalazione sull’identificazione della “biondina” di Torre del Lago. Questa volta arriva direttamente da Roma, una prostituta slava che lavora da un po’ di tempo nella capitale, è sicura di conoscere l’identità della giovane. Secondo lei si tratta di una collega dell’est Europa, gli inquirenti prendono seriamente le sue dichiarazioni, alle ore 14.00 è stata accompagnata all’istituto di medicina legale di Pisa per gli accertamenti.
Purtroppo la testimone non è in grado di dire il nome della ragazza, perché la conosceva solo da un paio di mesi e l’aveva vista lavorare in zona via Veneto e via Po. Però la segnalazione romana è tenuta in seria considerazione dal sostituto procuratore Manzione, perché si collega alla testimonianza di Regina, la leader del movimento transessuali della Versilia. Anche lei aveva visto una ragazza simile alla vittima chiacchierare con due uomini la sera del delitto all’interno di un’autovettura Alfa targata Roma!
Insomma, gli elementi per un certo ottimismo ci sono tutti, le ricerche continuano senza sosta, i Carabinieri di Roma stanno indagando sulla segnalazione, il reparto della Versilia cerca pernottamenti in albergo fatte da ragazze provenienti dalla capitale, continuano gli accertamenti scientifici, come il calco dei denti e il rilievo di alcune impronte digitali su un beuty case ritrovato sulla spiaggia del delitto.
Eppure anche questa pista finisce nel nulla, la ragazza slava che lavorava a Roma viene individuata ad Albano laziale, gli inquirenti parlano di somiglianza straordinaria, come negli altri due casi, è evidente che la biondina ha un volto comune, comune soprattutto a ragazze straniere dell’est Europa. La giovane slava era appena tornata da una vacanza in Germania, il caso ha voluto che se ne andasse proprio nei giorni del ritrovamento del corpo e questo ha sicuramente condizionato con del sano ottimismo le indagini.
Cosa rimane di nove giorni di ricerche?
Oltre 200 segnalazioni esaminate e scartate, 6 riconoscimenti nulli, un vortice di nomi in cui si sono intrecciate ogni giorno storie, ipotesi, smentite.
Rimane la speranza di giungere a delle conclusioni dagli esami scientifici ancora in corso di accertamento, l’esame della dentatura e della composizione delle otturazioni, che potrebbe dire qualcosa sulla nazionalità della biondina.
Altro esame importante e ancora in corso è l’esame della sabbia trovata addosso al cadavere: se non fosse uguale a quello di Torre del lago, la ragazza potrebbe essere stata uccisa altrove e trasportata fino li.
L’ultimo esame è la comparazione delle impronte digitali trovate su un beauty case poco lontano dal cadavere e apparentemente abbandonato sulla spiaggia, il confronto andrà svolto con le impronte della giovane.
Finalmente l’identificazione
Hana Kindlova la “biondina” di Torre del Lago
“E’ mia sorella Hana!”
Sono le dichiarazioni di un turista della Repubblica Ceca che si è recato alla caserma dei Carabinieri di Firenze, è il 29 agosto 1993, secondo lui il cadavere della ragazza ritrovata a Torre del lago è quello di sua sorella, Hana Kindlova.
Hana Kindlova, 22 anni, studentessa/cameriera, della Repubblica Ceca (anche se negli articoli di giornale si parla di nazionalità cecoslovacca, la Repubblica Ceca era già nata a gennaio dello stesso anno di questo delitto, il 1993 N.d.A.), giunta in Italia a fine luglio con un visto turistico.
Il fratello, di 26 anni, parla solo ceco, si è presentato alla caserma dei carabinieri di Firenze portando con se numerose foto per poter dimostrane l'identificazione, le segnalazioni sono state numerose e gli inquirenti inizialmente sono molto cauti. Giungendo in Italia i due hanno girato numerose città toscane nel tentativo di trovare un'occupazione, sono rimasti assieme fino al 18 agosto e poi si sono persi di vista. Il ragazzo viene interrogato e condotto alla stazione dei carabinieri di Viareggio dove è messo “sotto torchio” per numerosi giorni.
Il giorno successivo, 30 agosto 1993, viene confermato dalla stampa che la ragazza uccisa è Hana Kindlova, a confermarlo sono le testimonianze del fratello Marek (Kindlova?) e di un'amica, Michaela Kralova 22 anni. Ma il procuratore Manzione, viste le pregresse esperienze degli ultimi giorni, non conferma totalmente l'identificazione:
"Il riconoscimento effettuato non dà margini di affidabilità tali da affermare che la ragazza sia certamente Hana. Il fratello e l'amica non hanno fornito molti elementi per l'identificazione e su alcune cose erano meno sicure”.
Per tutelare le indagini Manzione impone il silenzio stampa sul caso, si tratta di una novità che può dare conferma sull'identificazione, nonostante le parole del procuratore. Gli inquirenti infatti si sono affidati agli organi di stampa per giungere all'identificazione, ma nel momento in cui sono riusciti a dare un nome, hanno preferito escludere dalle indagini i giornalisti che ne potevano compromettere in proseguimento. Indirettamente quindi, questa mossa della procura in qualche modo conferma che la fase delle indagini ha in questi giorni superato l'identificazione e che si sta passando alla ricerca del colpevole del delitto, fase molto più delicata.
Tuttavia è fuori da ogni dubbio, che dopo le mancate identficiazioni dei giorni precedenti, gli inquirenti attendono i parere scientifici prima di esprimersi, pareri scientifici che dovrebbero giungere attraverso le ricerche dell'Interpol ed esplicarsi con le analisi del DNA.
La pista delle ragazze slave e la ricerca degli assassini
Le notizie dalle nostre fonti diventano più incerte nei giorni del silenzio stampa, si susseguono indiscrezioni più che notizie ufficiali. Il fratello di Hana è rimasto sotto torchio per ben 3 giorni e sembra che gli inquirenti abbiano individuato una pista che può essere legata al movente che ha originato il delitto. A notte fonda però il procuratore delle Republica ha incontrato i giornalisti annunciando una conferenza stampa il giorno successivo (1 settembre 1993), alle ore 20.00.
Altra testimonianza fondamentale per gli inquirenti è quella che giunge da un professionista che dice di aver visto la sera del 18 agosto, una macchina a coda tronca, color mattone, sulla strada che va da Marina di Tirrenia a Pisa, a bordo dell'autovettura due uomini e una ragazza bionda, uno dei due uomini stava picchiando la ragazza. Una testimonianza che si ricollegherebbe con quella di Regina la leader dei transessuali della Versilia.
La prima ricostruzione del viaggio di Hana Kindlova e della sua amica, ci giunge dalle indiscrezioni riportate dalla Procura:
Michala e Hana arrivano in Italia i primi d'agosto da Pisek, un paesino della Repubblica Ceca a 80km sud-ovest di Praga. Soggiornano per qualche tempo alla pensione “Annarosa” sul viale di Tirrenia. Il proprietario e gli altri lavoratori della pensione non ricordano le due donne e proprio per questo sono stati richiesti i registri per confermare le loro presenze. Capita non di rado che molte ragazze dell'est si fermino in queste pensioncine a una stella, vicino al mare, un turismo povero che è visto di buon occhio dagli albergatori, perché aiuta a superare la crisi economica.
Ma Hana e Michala sono veramente turiste?
E' questo il dubbio che attanaglia gli inquirenti, il luogo di pernottamento fa pensare a lavoratrici nei locali notturni e nei night della zona. Insomma la ricerca del luogo di villeggiatura non sarebbe casuale e su Michaela gli investigatori hanno trovato alcune testimonianze che la individuano come lavoratrice al Cinquale dove si trovano le prostitute.
Il giorno 18 agosto le due amiche si perdono di vista, Hana ha un appuntamento con una persona, è impossibile per Michaela estorcerle il nome, ma l'amica non ci fa troppo caso, neanche quando il giorno successivo Hana non si presenta all'appuntamento con lei. Ma quando i giorni sembrano troppi Michaela prende un aereo e ritorna a Pisek in cerca di Marek, il fratello, forse ha paura che Hana sia finita in un brutto giro e che solo il fratello possa aiutarla. Quando rientrano in Italia contattano le forze dell'ordine. Eppure la ricostruzione non convince del tutto, i punti oscuri sono numerosi e gli investigatori sono convinti che i due siano rientrati in Italia due giorni prima di giungere alla caserma dei Carabinieri.
Cosa hanno fatto in quei due giorni? Perché non si sono recati direttamente dagli inquirenti?
Arresto per reticenza
Marek Kindel, dice di essere il fratello della ragazza uccisa, viene fermato per reticenza Michaela Kralova 22 anni, amica di Marek Kindl e Hana kindlova
Il primo settembre 1993 i quotidiani d'informazione aprono con una notizia bomba, il procuratore Domenico Manzione ha firmato il procedimento d'arresto per Marek Kindel fratello di Hana, con l'accusa di reticenza e false dichiarazioni al pubblico ministero. Resta invece libera l'amica della vittima, Michaela Kralova 22 anni, anche se gli inquirenti le hanno chiesto di restare a disposizione, perché la vicenda non risulta affatto chiara.
Dalla Repubblica Ceca arrivano le informazioni di identificazione, è confermato il riconoscimento del cadavere, si tratta veramente di Hana Kindelova la conferma viene dalla comparazione del gruppo sanguino, RH positivo e al calco dei denti.
Ma chi è Hana Kindelova?
Una ragazza Boema che abitava a Pisek in Repubblica Ceca, una cittadina a poche centinaia di chilometri da Praga. Piatek è una città base delle forze armate ed infatti il padre è generale dell'esercito. Ha una sorella di 17 anni e un fratellino iscritto alla scuola elementare, non abitano a Pisek, ma a Tabor, anche l'altro fratello, Marek di 26 anni, lui abita in una terza città a Slany, vicino a Praga.
Tutte queste città hanno un unico comun denominatore, l'esericito, Pisek e Tabor sono sedi di due grandi unità corrazzate e non a caso si trovano a non molta distanza dal confine russo. A Slany invece risiedono molti ufficiali, interi quartieri e sconfinate caserme sono di proprietà dell'esercito e dell'aviazione.
L'esercito è il legame che accomuna anche Hana a queste città, nata a Pisek, dove il padre prestava servizio, dopo il trasferimento della famiglia a Tabor vi fece ritorno da sola come impiegata civile per le forze armate. Ma il lavoro non rendeva abbastanza, appena 200.000 lire al mese, troppo poco per le aspirazioni di una giovane ragazza alla quale si spalancavano le porte del benessere capitalista, dopo la caduta del vecchio regime. Un anno fa decide di cambiare lavoro, ha l'opportunità di impiegarsi come cameriera in uno di quei tipici caffé concerto, comuni alle città che facevano parte dell'Impero Austro-Ungarico, <<U Mostou>> (Al Ponte). Il locale è frequentato per lo più da coppiette durante la settimana, separé tra i tavoli, luce soffusa e romantica, musica di un complessino la sera. Il fine settimana arrivano i turisti (anche dalla vicina Austria) ed è una bolgia, anche molte persone del luogo lo frequentano, l'ambiente cambia totalmente e diventa centro della movida cittadina, luogo in cui si beve forte e si fa casino.
Ma anche lo stipendio del U mostou non è abbastanza per Hana, ha un'opportunità di poter cambiare la sua vita, una sua collega le parla di un lavoro in Italia, in un solo mese potrà guadagnare abbastanza per arredare una <<garconière>>. La sua amica è conosciuta con il nome di Miscia, vezzeggiativo di Michaela, una ragazza dai capelli corti e con gli occhiali, una descrizione che sembrerebbe combaciare con Michaela Kralova.
Hana aveva a quel punto preso le ferie, a fine luglio era però ritornata a Pisek per licenziarsi, qualche giorno per sbrigare le pratiche con il proprietario del locale, salutare qualche amico e poi in aereo verso l'Italia. Un viaggio non da poco, al costo di 700.000 lire equivalente a più di tre mesi di stipendio di quando era impiegata nell'esercito.
Chissà se i soldi le sono satati dati da qualcuno o se erano i suoi risparmi messi da parte piano piano. La polizia della Repubblica Ceca e l'Interpol stanno effettuando degli accertamenti.
La madre di Hana viene raggiunta dai cronisti e in un primo momento pone dein dubbi sul riconoscimento del corpo:
“Non è la mia Hana, non può essere lei, ma se non è lei, perché non si fa sentire per così tanto tempo?”
Dagli ambienti investigativi della polizia criminale di Piasek si avanzano alcuni dubbi sia sulle impronte dentali che sul gruppo sanguinio della ragazza:
“Io ho dato tutto quello che avevo – dice la madre – perfino i gurppi sanguigni mio e di mio marito. A mio figlio Marek, quando mi ha detto che sarebbe andato in Italia perché temeva qualcosa per la sorella, ho spiegato chiaramente per telefono che Hana ha una cicatrice sul gluteo sinistro, residuo di un intervento per l'estrazione di una ciste, e che le mancava un dente, un canino destro tolto quando era ancora piccola, ma la cui traccia è rimasta ancora”.
“Hana non si sarebbe mai scorciata i capelli. Fin da bambina portava quel taglio così vaporoso che le incorniciava bene quel visetto. Vedete? Se questa foto della polizia ha i capelli tagliati, se sono i suoi è stato sicuramente qualcuno per far confondere le idee”.
Mostra ai giornalisti la foto di Hana utilizzata per il passaporto, la mette a confronto con quella di un articolo di giornale italiano, con la mano copre il titolo ma si conosce bene il contenuto, c'è scritto: “Sabrina, l'artista, batteva i marciapiedi?”
Sabrina è il nome con cui una prostituta dice di aver consociuto la vittima di Torre del Lago.
Il padre di Hana interviene prontamente:
“Come si fa a scrivere queste cose? Chi mette in giro queste voci? E cosa c'entra in questa storia suo fratello Marek? Non sappiamo perché la polizia italiana cerca di sapere che cosa ha fatto nostro figlio in quei giorni, ma noi possiamo trestimoniare che nostro figlio, dal 14 agosto al 18 agosto era con noi a Brno, in visita a dei nostri parenti. Tutti i conoscenti lo possono testimoniare e tutti coloro che hanno partecipato ad una festa in occasione del compleanno di uno della nostra famiglia. E, per di più Marek in quei giorni ha collezionato due multe per essere entrato con la macchina in un'area pedonale. Ho telefonato al consolato della Repubblica Ceca, aspetto che qualcuno mi chiami per sentire come stanno le cose. Ho sentito dalla radio che mio figlio è stato arrestato. Non capisco che cosa c'è che non va e nessuno me le vuol dire. Voglio sperare che sia solo vittima della sua ingenuità”.
Durante il colloquio con i giornalisti, assieme ai genitori di Hana sono presenti anche tre giovani amici della vittima, Viera, Hanka e Karel:
“Hana – dice Viera – non avrebbe mai lontanamente pensato di fare la prostituta e non l'avrebbe fatto neppure sotto costrizione. Di questo sono sicuro ci è capitato di parlarne. Amici particolari? Nessuno. I soliti amorazzi e il solito giro nel quale trascorreva il fine settimana”.
Il pensiero di Viera è condiviso anche dagli amici, ma Hana ha mai confidato di aver fatto una conoscenza che ha cambiato la sua vita?
“Mai!” rispondono tutti in coro.
Per la partenza di Hana verso l'Italia, gli amici non hanno dubbi:
“Tanto più – prosegue Viera – che io ero d'accordo con lei che l'avrei raggiunta al mare il 17 agosto. Non sono potuta partire per motivi di salute e ora si parla di lei come se fosse morta”.
“Il 19 agosto Marek era a Pisek – aggiungono Hanka e Karel – è stato tutto il giorno con noi”.
Ma la domanda sorge spontanea, grazie ad alcune indiscrezioni sui movimenti di Hana prima del delitto, pèrché è rientrata a Pisek a fine luglio e licenziandosi al bar dove lavorava ha detto alla collega Helena:
“Ora faccio la cameriera in un bar di Pisa”?
Perché se n'è andata dalla Repubblica Ceca senza salutare questi sedicenti amici fraterni?
Da sinistra Hana, Mirka e Viera - Da sinistra Hana e Viera - Hana e Mirka al mare
Le indagni proseguono e questa volta la sensazione è che si stia stringendo il cerchio nei confronti dei responsabili del delitto di Hana Kindelova, la polizia e i carabinieri stanno dando la caccia ad un gruppo di stranieri, responsabili di un giro di prostituzione di ragazze dell'est che interessa tutta la Toscana. Una “mandria” formata da 20 persone, forse qualcuna in più, giovani stranieri per lo più Slavi e Cechi. Hanno fatto perdere le loro tracce il 20 agosto, il giorno successivo al delitto di Hana.
Marek, il fratello, sembra sapere qualcosa, le sue dichiarazioni non convincono gli inquirenti, si sa che la ragazza è arrivata in Italia a metà luglio, per 72 ore è stato ascoltato come persona informata dei fatti, ma alle domande sul giro frequentato dalla sorella non ha risposto, poi ha dato risposte contraddittorie, fingendo di non sapere. E' stato accusato e arrestato per reticenza, ma ha continuato a tacere, il sostituto procuratore, Domenico Manzione ha richiesto la convalida dell'arresto e l'emissione di una misura restrittiva in carcere, rischia una pena fino a 5 anni.
E' differente la posizione di Michaela Kralova la 22enne che ha accompagnato Marek alla polizia, sembra disposta a collaborare con gli inquirenti, è rimasta con Hana fino a poche ore prima che fosse uccisa. Con tutta probabilità sono le sue dichiarazioni a mettere gli inquirenti sulla pista di questa banda di slavi e cechi, un'organizzazione criminale in cerca di guadagni facili, reclutano in patria le ragazze da avviare al mestiere della prostituzione sulle strade toscane. Le donne vengono accompagnate direttamente sul marciapiede dove battono, vengono osservate, tenute sotto controllo, controllano come si comportano con i clienti, quanto rendono, alla fine del turno di lavoro si impossessano di tutti i soldi che le ragazze guadagnano. Gli inquirenti non escludono che parte dei guadagni venga versata direttamente nelle casse delle famiglie di origine, è certo però che alle ragazze non rimane neanche un soldo per pagare vitto, alloggio e vestiti.
Non si esclude nemmeno che queste venti persone siano la “cellula” Toscana di un'organizzazione che ha ramificazioni in tutta Italia, questo gruppo era attivo principalmente in provincia di Pistoia, Pescia, Montecatini, Altopascio e Tirrenia.
Sulla nuova pista è positivo anche Antonio Miranda, Questore di Lucca:
“Abbiamo esaurito una prima fase operativa – dice il questore – che ha portato all'identificazione della donna. Un lavoro enorme che ha impegnato tutti gli investigatori. Abbiamo dovuto ricostruire un mosaico fatto di informazioni, testimonianze raccolte in vari ambienti, accertamenti della scientifica e riscontri dell'Interpol. La tesimonianza del fratello è stata del tutto marginale nell'identificazione della ragazza. Forse potrà essere utile per arrivare a scoprire chi l'ha uccisa, se finalmente deciderà di collaborare”.
Marek insiste nell'affermare che è entrato in Italia una sola volta, negando l'evidenza dei fatti perché gli inquirenti sanno con certezza che è venuto in Italia diverse volte ed ha avuto contatti con personaggi slavi e cechi immischiati in questo traffico di essere umani.
“Tutte le ipotesi sono possibile – conclude Antonio Miranda – e gli investigatori non tralasciano alcuna pista. Non è vero che ci sono stati disaccordi tra gli investigatori. Mai come questa volta si è lavorato in perfetta armonia. Questo ci da la certezza che le indagini coordinate dal sostituto procuratore Domenico Manzione si concluderanno positivamente, grazie agli uomini della squadra mobile di Lucca, Pisa, Massa e alla criminalpol di Firenze, al commissariato di Viareggio e a tutti gli investigatori della polizia e dei carabinieri”.
La caccia all'uomo
Il 3 settembre 1993 sui quotidiani di informazione viene fatto finalmente il nome di chi, secondo gli inquirenti, è responsabile della morte di Hana Kindelova. Si chiama “Peter”, il nome è stato fatto da Michaela Kralova nel corso di un interrogatorio, è stato lui a telefonare a Hana più e più volte nel mentre le ragazze alloggiavano alla pensione “Annarosa” di Tirrenia. Hana e Peter si sarebbero parlati al telefono anche il giorno 18 alla vigilia del delitto. Lo stesso giorno alcuni ferrovieri hanno notato una ragazza biondina che assomigliava alla vittima alla stazione di Viareggio, in compagnia di un uomo.
Appare sempre più sospetto il comportamento di Marek Kindl, non risponde agli inquirenti, nel carcere di San Giorgio di Lucca si svolge l'interrogatorio di fronte al Pubblico Ministero Domenico Manzione e al Giudice per le indagini preliminari Francesco Terrusi, l'atteggiamento è il solito tenuto nei giorni precedenti, di fronte alle foto del cadavere rimane impassibile, ammette di aver immaginato che la sorella, arrivata in Italia senza soldi potesse prostituirsi, ma poi inizia a raccontare bugie, a contraddirsi, a tentare di smentire testimoni negando persino l'evidenza. Sta cercando di proteggere qualcuno. Forse questo Peter?
Secondo la testimonianza del portiere della pensione “Annarosa” di Tirrenia, pochi giorni fa Marek si era presentato alla struttura alberghiera assieme ad un altro uomo per chiedere informazioni sulla sorella. La persona che l'accompagnava era un suo connazionale che dimostrava di conoscere bene Hana. Gli inquirenti sono convinti che quell'uomo sia Peter. Marek però smentisce, dice di non conocere il suo accompagnatore, di averlo incontrato casualmente a Pisa e di avergli chiesto un passaggio.
L'atteggiamento di reticenza tenuto da Marek convince gli investigatori che c'è qualcosa di strano dietro la figura di questo personaggio e l'aura di mistero creata dalle parole del fratello di Hana, hanno l'effetto di far concentrare le indagini intorno a lui.
Parallelamente alle ricerche svolte in Italia, anche da Pisek in Repubblica Ceca arrivano delle novità sulla vicenda, quando Hana rientrò nella propria città per licenziarsi dal caffé concerto “Al Ponte”, aveva con sé diecimila corone l'equivalente di circa 600.000 lire. Viera l'amica di Hana, dice che la ragazza aveva ottenuto quei soldi come anticipo per un lavoro in Italia come cameriera, accompagnandola a fare acquisti per la pertenza, Viera si accorge che l'amica ha molte banconote in valuta Ceca. Si tratta di una particolarità interessante perché in Repubblica Ceca vige il divieto di esportazione di valuta, quindi chi a Pisa ha consegnato del denaro ad Hana l'ha fatto con un genere di valuta che non sarebbe potuta essere nel nostro paese.
Viera fornisce alcuni particolari del viaggio di Hana verso l'Italia, inizialmente la partenza era in progetto l'11 luglio, ma il viaggio è stato rimandato fino al 16 luglio. Hana è partita d'improvviso, senza avvisare a lavoro, era attesa per il turno serale ma non si è mai presentata e siccome non c'era stato modo di rintracciarla, il proprietario del locale aveva deciso di considerarla in ferie. Aveva ottenuto quel posto da soli quattro mesi. Improvvisamente così com'era partita per l'Italia, Hana viene avvistata nuovamente a Pisek a fine luglio e tutti avevano manifestato sorpresa e preoccupazione per il suo comportamento.
“Ma Hana – dice Viera – mi ha tranquillizzato dicendo che stava bene e aveva deciso di restare in Italia dove aveva trovato lavoro come cameriera in bar. Aveva soldi e avrebbe dovuto farsi il guardaroba. Ci mettemmo d'accordo che l'avrei accompagnata il lunedì successivo a fare le compere. Acquistò un vestito, delle maglie, alcune camicette, biancheria intima, una borsa da viaggio, due borsette, una piccola e una più grande. Non ha mai precisato il locale in cui avrebbe lavorato”.
“Il 29 luglio andammo insieme a cena all'Hurrà bar – continua Viera – In quell'occasione mi propose di andare a passare qualche giorno di vacanza da lei, quando si fosse sistemata. Sarebbe dovuta partire il 1 agosto, ma rimandò fino al 3 agosto”.
“Io in realtà cercai di dissuaderla da fare tale passo, anche se capivo il suo desiderio di poter guadagnare dei soldi che le sarebbero serviti per l'arredamento del suo piccolo appartamento. Anche suo fretello Marek cercò di convincerla a restare, ma lei non volle sentir ragioni. Il 7 agosto – prosegue nel suo racconto Viera – Hana mi telefonò per dirmi che fra una settimana mi avrebbe richiamata per concordare la data del mio arrivo e mi chiedeva che nel frattempo le procurassi altre confezioni di pillole anticoncezionali, qualche flacone di Igen – un antidolorifico – e di Panglamyl un complesso vitaminico. Michaela è partita il 3 agosto con Hana”.
Secondo le dichiarazioni di Viera, Hana ad agosto è partita in macchina con uno sconosciuto in direzione dell'Italia.
Ma chi è Michaela? Gli amici più stretti di Hana non la conoscono, è una di quelle confidenze sospette che la ragazza custodiva gelosamente. Alcuni interrogativi provengono anche dal suo conto corrente, la polizia di Pisek ha registrato un versamento di denaro, 1500 corone, pari a due mesi di stipendio, il versamento potrebbe essere stato fatto da lei stessa nei giorni in cui si trovava in città, ma nessuno può dirlo con certezza.
Il commercio della carne bianca
Da Pisek giungono inquietanti notizie sull'organizzazione che potrebbe aver reclutato Hana e Michaela, il <<commercio della carne bianca>>, come è chiamato nella Repubblica Ceca, si è presentato all'opinione pubblico solo nell'ultimo anno (1992). Durante il regime le storie di ragazze vendute per piacere veniva per lo più utilizzato come spauracchio per la popolazione, oggi il comando di polizia di Piasek ci informa che gli zingari sono particolarmente attivi nel reclutamento di fanciulle. Un'etnia quella zingara che era già una realtà definita scomoda ai tempi della ex Repubblica Cecoslovacca, il regime aveva tentato la strada della civilizzazione e dell'inserimento nella società, ma con scarsi risultati. Da una testimonianza giunta alla polizia di Pisek una ragazza dice di conoscere la biondina uccisa a Torre del Lago e ricorda di averla spesso vista in compagnia di un uomo sui 35-40 anni nei locali notturni. Secondo la testimone l'uomo è uno zingaro, ma c'è un altro particolare fornito che rende la sua storia molto verosimile, la persona vista insieme ad Hana guida un'autovettura con la targa italiana, ma il soggetto parla perfettamente la lingua ceca.
Ma il comando di Piasek ha molti dubbi ancora sull'identità della ragazza trovata morta, tanto che sta seguendo un'altra pista che individuerebbe in un'altra ragazza, il cadavere ritrovato in Italia, secondo questa ipotesi si tratterebbe di una ragazza scomparsa a Tachov. Tachov è una cittadina a nord ovest di Praga, ma il problema è molto più grande e si stima che nell'ultimo anno sono state più di sessanta le ragazze scomparse in Boemia!
La notizia dell'individuazione di un auto con targa italiana in Repubblica Ceca, fa scattare qualcosa nella mente degli investigatori, ripercorrendo i passi delle indagini individuano una testimonianza che parla di due uomini in un auto che stavano aggredendo una ragazza la sera della scomparsa di Hana, alla rotonda di Torre del Lago. Si tratta in quel caso di un auto di color rosso - marrone scuro, lo stesso colore dell'auto dello zingaro amico di Hana.
La testimonianza viene recuperata dagli inquirenti e attentamente studiata per cercare corrispondenze, come un tassello di un puzzele che potrebbe completare una sessione importante del gioco.
Il testimone si presentò spontaneamente alla caserma dei carabinieri di Viareggio raccontando che la sera del 18 agosto si trovava in zona Tirrenia a bordo della propria autovettura, assieme alla propria famiglia. La loro macchina viene improvvisamente superata da un'auto di colore rosso-marrone, non può specificare ne modello ne numero di targa, l'uomo sbirciando dal finestrino nota che due uomini all'interno dell'abitacolo, stanno picchiando una ragazza bionda, seduta sul sedile posteriore. L'uomo un po' incerto di aver assistito o meno ad un'aggressione, decide di sorpassare la macchina per aver l''occasione di guardare nuovamente dal finestrino. La seconda volta non può essersi sbagliato, una ragazza minuta, dai capelli biondi, sta rannicchiata sul sedile posteriore e un uomo la sta schiaffeggiando. Il testimone accosta la macchina al lato della carreggiata per farsi sorpassare un'altra volta, ma a quel punto anche loro si fermano sul ciglio della strada a poca distanza. La moglie dell'uomo, che è con lui, temendo che gli occupanti potessero far del male anche a loro lo pregò di ripartire.
Segnalazioni su macchine della stesso colore ce ne sono addirittura due e provengono da Pisek, una è appartenente a Marek il fratello di Hana e un'altra è quella dello zingaro suo amico. L'auto di Marek non può essere, si affrettano a dire i genitori, si trovava a Brno con loro nel giorno dell'avvistamento ed ha preso due multe per essere entrato in zona pedonale. Rimane l'auto dello zingaro, ma anche questa segnalazione risulta ancora troppo prematura, c'è chi giura che il giorno 18 agosto la stessa macchina rosso – marrone scuro sia stata vista a Pisek parcheggiata di fronte ad un locale Casinò.
“Uno specchietto per le allodole”, pensa una ragazza collega di Hana al café di Pisek.
Peter, bande criminali
Un'organizzazione internazionale sulla tratta di ragazze bianche da avviare al mercato della prostituzione in Italia, sono loro i responsabili di aver teso una trappola ad Hana e alle sue amiche, Peter, l'uomo che gli investigatori cercano è il braccio destro di Kramer Ramadani, un uomo del Montenegro. Il vero nome di Peter è in realtà Hudi Petr, di 29 anni, della Repubblica Ceca, arrestato dalla procura di Firenze il 26 febbraio scorso (1993) insieme ad un certo Ian Fedak, detto <<Onsa>>.
A questo gruppo o associazione criminale Peter avrebbe un ruolo quasi di vertice, mentre Marel Kindlov un ruolo marginale e subordinato.
Hudi uscito dal carcere il 14 giugno (1993) avrebbe dovuto lasciare l'Italia per un provvedimento di espulsione, ma gli inquirenti sanno che non è mai andato via. Era in Italia il giorno 18 agosto quando ha telefonato ad Hana alla pensione di Tirrenia (testimonianza Michaela), chiamava da un albergo di Savona. Poche ore dopo il cadavere di Hana veniva ritrovato sulle spiagge di Torre del Lago.
Le prime ricerche di Peter vengono effettuate in un bungalow di un villaggio in zona Marina di Pisa, ma è deserto, completamente vuoto, come se fosse stato ripulito da tutti gli oggetti.
Ma è molto difficile associare il nome “Peter” ad una persona ben spefica, l'uomo ha numerose identità che utilizza nei suoi traffici internazionali per questi il nome di Hudi Petr non convince totalmente gli investigatori, che vogliono vederci più chiaro.
Le modalità con cui si è raggiunto il nome di questa identità lasciano inoltre spazio a molti dubbi, alcuni giornalisti di una testata locale sono riusciti a raggiungere personaggi di spicco della malavita locale per aiutare ad identificare il famoso Peter. Gli esponenti di questo gruppo criminale si dichiarano nemici del turpe commercio delle ragazze e dello spaccio della droga. Insomma la malavita locale aveva annunciato che avrebbe fatto pulizia di questi personaggi scomodi dediti al commercio di sesso. Hudi Petr potrebbe corrispondere a colui che ha incontrato Marek a Firenze e l'ha convinto ad andare in Questura per il riconoscimento di Hana.
La vita di prostituta di Hana Kindlova si svolgeva in questo modo, secondo la ricostruzione degli ultimi giorni di vita. Dall'hotel di Tirrenia, dove dormiva, partiva in pomeriggio in treno con tre o quattro amiche per andare a vendersi a Pistoia, a Montecatini o sull'Aurelia, tra Torre del Lago e migliarino. A Pistoia, ad Hana accadde una disavventura, il 13 agosto viene derubata dalla borsetta da un nordafricano sui trent'anni.
Hudi Petr
Mandato di arresto
Il 7 settembre i giornali parlano di arresti, tre nomi per la Procura hanno partecipato alla morte di Hana Kindlova, ancora si dovrà stabilire chi dei tre, per cui gli accusati per adesso sono oggetto di mandato di arresto per associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento continuato pluriaggravato della prostituzione e falsità in documenti.
“A sostegno di tale tesi – ricorda il procuratore generale Pino Quattrocchi nella conferenza stampa tenuta – ci sono indizi concordanti dal punto di vista logico e cronologico”.
Le indagini insomma sostengono che l'ordine di uccidere Hana sia avvenuto all'interno dell'organizzazione di cui fanno parte due delle persone arrestate, la terza dovrebbe essere l'esecutore dell'ordine.
Ma perché è giunto quell'ordine?
Cosa ha portato l'organizzazione a punire e uccidere una delle loro fonti di guadagno?
C'è un episodio che apparentemente potrebbe essere considerato marginale rispetto al respiro internazionale che ha avvolto la vicenda, si tratta di un particolare incidente accorso ad Hana il 13 agosto a Pistoia, cinque giorni prima di morire. La biondina si presenta alla questura e denuncia il furto di una borsetta da parte di un nordafricano di apparente età di 30 anni. Dentro quella borsa c'era tutto! L'incasso della giornata di lavoro, il denaro che deve presentare al protettore, così come prevede l'organizzazione. Difficile convincere il capo-zona del denaro rubato, non basterà certamente una denuncia. E' possibile che abbiano pensato che Hana li stesse truffando inventandosi una balla (e potrebbe essere anche andata in questo modo, non abbiamo elementi per escluderlo), è possibile che avessero escogitato una puniziona finita in tragedia la notte tra il 18 e il 19 agosto.
Caccia all'uomo
Si cerca un uomo sui trent'anni, dai capelli neri lunghi, legati con un codino, occhi scuri leggermente strabici, che veste abiti scuri e sfoggia molto oro. Ha un volto e molti nomi, uno di questi è <<Peter>>. E' lui l'assassino di Hana Kindlova. L'ultima volta che risulta essere stato avvistato è stato il 28 agosto quando ha accompagnato il fratello di Hana, Marek alla pensione Annarosa di Tirrenia, dove abitavano Hana e Michaela. Ma Peter non si trova, in un primo momento era venuto fuori il nome di Petr Hudi, arrestato e rilasciato il 14 giugno, una semplice verifica ha stabilito che si trattava solo di un'assonanza nel nome che ha tratto in inganno le forze dell'ordine. Peter è un fantasma si dice abbia almento tre passaporti e moltissimi nomi. Altra persona che ha un ruola nella morte di Hana è la donna di Peter, anche di lei non si conoscono per adesso le generalità.
I controlli nella ricerca di Petr si estendono a tutta la Toscana, a Firenze, nella zona della prostituzione del quartiere della Fortezza da Basso e in viale Redi, l'8 settembre, la squadra mobile con un blitz, ferma e interroga tre prostitute slave. Nell'occasione viene individuato nuovamente Hudi Petr, uno dei capi di questo businness internazionale, che aveva accompagnato la moglie a prostiuirsi. Ma il vero <<Peter>> è ancora lontano da essere individuato, alle varie procure interessate dall'Interpol giunge finalmente una foto che ritrae il quest'uomo, considerato dagli inquirenti quasi come un fantasma. Secondo l'interpol si tratta di un membro di spicco dell'associazione criminale, con tutta probabilità gestiva la cellula Toscana e ligure del consorzio. Faceva controllare le prostitute dai suoi tirapiedi e aveva il dovere di ritirare i soldi del lavoro e di punire chi non rispettava le regole della banda criminale.
Precedentemente sulla riviera ligure, zona Savona, è avvenuto un blitz contro lo sfruttamento della prostituzione. Il reparto Mobile di Savona ha intercettato tre giovani slavi nel mentre portavano a lavoro un gruppo di prostitute, giovani ragazze dai 15 ai 25anni, 8 ceche, una rumena, una slava. Si vendevano sulla statale Aurelia tra Albenga e Ceriale. I tre protettori le tenevano d'occhio a bordo di una mercedes. Il sostituto procuratore Franco Greco ha firmato un ordine di custodia cautelare nel quale si parla di associazione a delinquere finalizzata al reclutamento, trasferimento in Italia, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Il modus operandi con cui gestivano il traffico di esseri umani è ben conosciuto alle forze dell'ordine: contattavano ragazze russe, ceche o di altre nazionalità sempre di paesi dell'est Europa, dopo averle fornite di documenti d'identità falsi provenienti dall'ex Jugoslavia (per rendere difficile l'identificazione), venivano portate in Italia e avviate al mestiere della prostituzione, per obbligarle al lavorare le reagazze venivano private dei documenti in modo che non potessero scappare. La cellula savonese dell'organizzazione criminale facente capo al montenegrino Kamer Ramadani, è stata scoperta grazie alla telefonata che Petr ha fatto da un hotel nella zona savonese, alla pensione in cui erano alloggiate Hana e Michaela.
Ombre su Michaela?
Michaela è la figura del testiomone chiave che ha aiutato a dipanare la matassa dell'indagine, si trova sotto la protezione degli inquirenti, spostata in una località nascosta lontano dalla banda criminale con la quale era coivolta. La sua posizione diventa più ambigua una volta che viene ascoltata la testimonianza della sorella di Hana, Katerina Kindlova di 18 anni, raggiunta nel centro specializzazione di Trebon che frequenta in attesa della ripresa dell'anno scolastico presso l'istituto commerciale di Tabor.
La ragazza racconta che la mattina del 19 agosto ha ricevuto una telefonata da Michaela, la conosceva appena, l'aveva incrociata due volte e sapeva che sarebbe andata in Italia con sua sorella. Durante il colloquio telefonico le due ragazze parlarono un po' del più e del meno, come due amiche che hanno un po' di tempo a disposizione per chiacchierare, la conversazione si concluse con un'assicurazione:
“Hana è qui e sta bene”
“Ma ora ripensandoci – dice Katerina – mi pare che il tono della voce non fosse così sicuro...”
Forse la telefonata è stata fatta per controllare se la famiglia di Hana potesse avere dei sospetti sulla sorte che le era toccata?
I genitori e Marek non possedevano un'apparecchio telefonico a casa, l'unica che poteva essere facilmente contattata era Katerina.
“Forse – risponde Katerina – a questo punto non si può escludere che sia andata proprio così. Perché altrimenti non si spiega come mai il 20 agosto (1993) sia tornata a Pisek portando con se le cose di Hana”.
Il comportamento di Michaela risulta ancor più inspiegabile alla luce del fatto che il 20 agosto (1993), un solo giorno dopo la telefonata in cui confermava che Hana era con lei e stava bene, sia partita per la Boemia per incontrare Marek e avvertirlo che era successo qualcosa a sua sorella.
Appena giunge in Repubblica Ceca Michaela si precipita alla ricerca di Marek, incontra Katerina, ma non c'è tempo di chiacchierare della telefonata, riferisce però ai parenti di Hana alcune informazioni prima della sua scomparsa:
Il 18 agosto Hana era uscita dall'albergo <<Annarosa>>, dove risiedevano, verso le 19.30 per andare a cena con qualcuno. La mattina non era ancora rientrata e non si era fatta vedere neppure la sera, quando avrebbero dovuto recarsi alla stazione a prendere l'amica Viera, che invece aveva rimandato la partenza per problemi di salute (in questo modo si era salvata dal finire anche lei nelle trame dell'organizzazione criminale). Il 20 agosto non aveva ancora sue notizia e i giornali parlavano già del ritrovamento del corpo di una ragazza bionda a Torre del Lago, a seguito di tutto ciò aveva deciso di fare ritorno in Repubblica Ceca.
Secondo il racconto fatto da Michaela, Hana è stata rapinata durante la sua aggressione, la ragazza portava con se un paio di pantaloncini corti color celeste, un corpetto, una giacchetta nera di jeans Rifle, ed un paio di mocassioni con un fiocchetto. Aveva portato anche un cambio, un piaio di pantaloni lunghi Rifle ed un altro paio di mocassini senza tacco. Inoltre indossava degli orecchini d'oro, un anello d'oro con brillante e un anello d'argento con una pietra. Quando il corpo fu ritrovato non aveva ne vestiti ne oggetti indosso.
La domanda sorge quindi spontanea, Michaela è una ragazza sfruttata da Peter o una complice?
Non sembrano nutrire alcun dubbio la polizia di Pisek, secondo la loro versione è più di un anno che Michaela è nel giro della prostituzione organizzato da Peter, il quale non sarebbe altro che uno zingaro che cambia nome a seconda del luogo in cui opera. Peter sarebbe il nome utilizzato esclusivamente in Italia, Gianni il nome con cui è conosciuto a Pisa, Hanis è come viene chiamato in Grecia e in Macedonia. Michaela sembrerebbe aver ricevuto un trattamento particolare rispetto alle sue colleghe, tanto da annoverarla tra le sue “favorite”. Il noto Peter, il famigerato malavitoso “Peter”, ha anche la fama di essere un gran sciupafemmine, un impareggiabile conquistatore di donne. Ha amanti in tutto il mondo, che gli offrono asilo e i collegamenti neccessari; alcune di queste prositute vengono elevate al gredo di “caporali”, battono anche loro come le altre ragazze, ma hanno anche il dovere di informare Peter di tutto quello che avviene, sono i suoi occhi e le sue orecchie. In cambio viene concesso loro una certa libertà di movimento, la possibilità di trattenere parte del denaro per se e di godere dei favori concessi da Peter. Grazie a queste ragazze l'organizzazione può permettersi di arruolare nuove giovani da avviare al mercato della prostituzione, sfruttando la loro capacità di convincere coetanee ad intraprendere un viaggio di lavoro in Italia e occupandosi anche della documentazione necessaria per il trasferimento.
Michaela Kralova è stato sempre un personaggio ambiguo per la famiglia di Hana, era poco conosciuta, una frequntazione degli ultimi periodi che non aveva nessun contatto con amici e parenti, ai quali addirittura stentava a presentare. Fu vista in compagnia di Hana in almeno un'occasione importante, fu lei la persona con cui partì in macchina per l'Italia il 3 agosto (1993). Precedentemete Hana era stata già in Italia a luglio, per circa una settimana in compagnia di Peter, forse si trattava di una vera vacanza, trascorsa come amanti, per convincere la ragazza delle buone intensioni. Quando era tornata a Pisek Hana aveva con sé 10.000 corone, una cifra che non poteva avere se non le fosse stata data da qualcuno. Con tutta probabilità era la cifra di anticipo che Peter offriva a tutte le ragazze che avessero deciso di lavorare per lui, con questi soldi avrebbero dovuto farsi un guardaroba adeguato alle esigenze lavorative in Italia.
Le testimonianze concordano nell'affermare la presenza di Michaela Kralova in compagnia di Hana poco prima della partenza per l'Italia, ciò non può essere una casualità perché Michaela non abitava a Pisek ma a Praga.
Peter è irrintracciabile
Da molte questure d'Italia giungono notizie delle vane ricerche di <<Peter>>, la primula rossa Peter si è dato alla macchia, ha fatto perdere le sue tracce, sicuramente non è neanche più sul territorio italiano. La sua scomparsa avviene pochi giorni dopo la “punizione” di Hana. Nel disperato tentativo di salvare l'organizzazione criminale dalle mire degli inquirenti, convince Marek Kindl a presentarsi in procura per identificare il corpo della sorella e raccontare la storiella della vacanza in Italia. Marek finisce per incastrarsi da solo e finisce agli arresti per favoreggiamento. A quel punto Peter ha la conferma che il “castello” costruito in questi anni sta per crollare, decide per la fuga!
Gli inquirenti arrivano al suo covo con alcuni giorni di ritardo, un bungalow a Marina di Pisa, ma è completamente vuoto, vengono controllati altri campeggi e alberghi in zona Tirrenia, ma di Peter non vi è traccia. Si viene a sapere che l'uomo è dotato di almento 5 passaporti falsi, relativi a diverse identità, quattro di queste sono della Repubblica Ceca.
Dal suo bungalow, assieme alla compagna, gestiva il mondo della prostituzione di ragazze dell'est in tutta la Versilia, ma anche a Pistoia, Montecatini e Migliarino pisano.
Il suo vero nome e la fotografia giungono dall'interpol, capello nero lungo, occhi scuri di cui uno un po' strabico, faccio da duro, ecco come si presenta Zdenek <<Peter>> Lacko, 28 anni, sloveno, uno dei capi della <<tratta delle bianche>>.
Bionda, capelli mossi, molto carina, è la descrizione di Hana Grofova 30 anni, originaria di Pisek, la compagna di Peter, compagna di vita e di lavoro. L'attività di Peter si divideva tra le campagne intorno a Praga e l'italia, in Repubblica Ceca reclutava le ragazze per portarle nel nostro territorio, le faceva alloggiare all'hotel “Annarosa” a Tirrenia e al campeggio <<Internazionale>> a Marina di Pisa sempre gestito dal solito proprietario e le privava del passaporto. Ogni mattina le faceva uscire per farle giungere nelle piazze di prostituzione che gestiva, sparse in tutta la Toscana, solo successivamente incaricava un'altra persona di raccogliere il denaro fruttato.
In questo scenario a luglio del 1993 arriva da Pisek Repubblica Ceca la giovane 22enne Hana Kindlova, ha lasciato un lavoro di cameriera in un bar del centro, dice di aver trovato un impego come cameriera a Pisa. Giunta in Italia si accorge che il lavoro si svolge sulla strada e lei non ci sta, è giovane, ambiziosa, tenta in tutti i modi di uscirne, fa la cresta sui soldi guadagnati, ne mette da parte il necessario per procurarsi un passaporto (il suo le era stato sequestrato), un giorno non versa l'incasso, dice che è stata rapinata da un nordafricano a Pistoia.
E' la goccia che fa traboccare il vaso, Peter non può permettere che una delle sue prostitute si comporti in questo modo, deve punirla e il 18 agosto decide di darle una lezione.
Hana esce dalla pensione Annarosa la mattina per andare a lavoro, rientra verso sera e dopo cena Peter va a prelevarla diremmente all'hotel di Tirrenia. L'intezione è chiara, quella di metterle paura, farle capire che dal giro non è permesso uscire. Forse la lezione si trascina oltre, sulla spiaggia di Torre del Lago, forse negli aggressori non c'è nemmeno la volontà di uccidere, ma il destino della biondina è segnato. Accortosi della morte di Hana Lacko decide di spogliarla completamente, le sottrae oggetti e preziosi in modo che il suo riconoscimento sia più difficoltoso. La strategia è quella giusta, la macchina dell'indagine messa su dagli inquirenti rallenta di brutto e lui ha modo di mettere in atto altre strategie. Sposta le ragazze in nuove zone di prostituzione, i carabinieri e polizia agli ordini della sostituto procuratore Domenico Manzione battono gli ambienti del traffico di donne dell'est e Peter non vuole rischiare che altre ragazze siano fermate. La pressione non si allenta, gli inquirenti continuano a battere la pista e per far in modo che la situazione si alleggerisca decide di mandare il fratello di Hana, Marek a identificare il corpo della biondina misteriosa. Il ragazzo si presenta alla Questura di Firenze, racconta che la sorella era venuta in Italia in vacanza.
Al commissariato di Viareggio però il nome di Peter non è nuovo, vengono controllate le schede dei cecoslovacchi arrestati negli ultimi anni, ed ecco che appare un nome e un volto, Peter/Lacko viene fermato dalla polizia nella primavera del 1991, è accompagnato alla frontiera con provvedimento di espulsione della procura di Lucca.
Il volto della fotografia viene fatto girare tra i testimoni e lo identificano come l'uomo che ha accompagnato Marek alla pensione Annarosa la sera del 28 agosto. Il fratello di Hana nega di conoscerlo, ma le testimonianze che lo inchiodano sono numerose e viene arrestato per favoreggiamento. Intanto continuano le ricerche di Peter e le occasioni in cui è stato in mano alle forze dell'ordine si sprecano, l'uomo e la sua compagna vengono fermati a Montecatini e a Marina di Pisa sempre nel mentre lui la stava accompagnando a prostituirsi. Il loro ruolo all'interno dell'organizzazione della <<tratta delle bianche>> è sottolineato dalle numerose testimonianze di Michaela. Queste a grandi linee sono le indagini che hanno portato all'identificazione e all'ordinanza di arresto per gli assassini di Hana Kindlova, Marek Kindl (fratello della vittima), Zdenek Lacko e (la compagna) Hana Grofova.
Zdenek Lacko
La ricostruzione della sera del delitto da parte degli inquirenti
La storia giunge piano piano al suo epilogo, molti dei misteri nascosti dietro il delitto si stanno svelando, rimangono sempre alcuni interrogativi, primo fra tutti la ricostruzione della notte in cui Hana fu uccisa. Sono state le amiche ad accompagnarla all'appuntamento con il suo assassino, la calda sera del 18 agosto Hana Kindlova, Michaela Kralova e altre colleghe del giro di Tirrenia consumano un pasto veloce alla pensione Annarosa nella quale alloggiano dal 3 agosto. Tutte al tavolo sanno che quella, sarebbe stata una sera molto particolare, Hana avrebbe detto a Peter che voleva lasciare il lavoro.
Alle ore 23.00 circa le ragazze escono dalla pensione a bordo di una fiat Uno bianca, vanno a Pisa, parcheggiano vicino alla stazione, qui Hana saluta le altre e sparisce nel buio.
All'angolo della strada la sta aspettando Peter, oggi la sua identità è conosciuta Zdenek Lacko, è a bordo della sua Scorpio bianca, naso schiacciato, volto largo, capelli neri, folti, sfilati sulle spalle, la faccia del gitano che fa la bella vita. Hana spiega al suo protettore che quella sarebbe stata la sua ultima sera di lavoro, che avrebbe continuato la sua vacanza in Italia assieme ad un'amica, rivuole i soldi guadagnati, forse un milione, forse qualcosina in più. Ad accompagnare Lacko vi è anche la compagna Hana Grofova, 30 anni, anche lei di Pisek, si arrabbia con la concittadina, i tre litigano, non vogliono lasciarsi scappare una ragazza che lavora così bene. Inoltre è impossibile accettare una tale ribellione, c'è il rischio che anche altre ragazze vogliano lasciare il lavoro, non possono permetterlo. Continuano a litigare e discutere in macchina, intanto girano e percorrone le strade di Torre del Lago e la pineta di Migliarino. In fine arrivano alla pineta della Lecciona, scendono dall'autovettura, la Grofova rimane in macchina, gli altri due passeggiano accanto, continuano ad insultarsi e a quel punto Lacko afferra Hana per i capelli da dietro e le spinge il volto sulla sabbia, tenendola giù con forza fino a soffocarla. Hana muore, viene poi spogliata di ogni cosa per ritardarne il riconoscimento, particolare che effettivamente ha sortito i suoi effetti personali (due anelli, uno d'oro con brillante e uno d'argento).
La ricostruzione ha il pregio di essere semplice e lineare un movente economico e un'aggressione che si trasforma in un omicidio, eppure qualcosa non torna, i particolari forniti ai quotidiani hanno qualcosa che non torna, le descrizioni del viaggio in auto, le litigate, la passeggiata sulla spiaggia, sono descritti troppo precisamente se non si è stati presenti. Poi, se erano presenti soltanto Lacko, Hana e la Grofova, chi ha descritto la scena? C'era anche Michaela con loro, è lei il testimone chiave dell'omicidio?
L'arresto e la rogatoria internazionale
Il 13 gennaio 1994 giunge in Italia una notizia importante che ha come soggetto principale Lacko Zdnek, si tratta di un'informativa dell'interpol, qualche settimana prima è stato individuato a Eisenstadt in Austria, mentre con un pregiudicato italiano e un cittadino turco, stava preparando un'auto bomba, per un attentato al carcere cittadino. Questo potrebbe confermare che Lacko ha contatti ben radicati con le organizzazioni criminali italiane che si occupano non soltanto di prostituzione ma anche di traffico di stupefacenti.
In Repubblica Ceca vengono arrestate due ragazze del giro di Hana che per adesso non erano apparentemente entrate nelle indagini, si tratta di Zdenek Illesova eRenata Losová, il sostituto Procuratore Manzione pensa sia fondamentale ascoltare le ragazze indagate che a quanto risulta possono essere state testimoni della morte di Hana Kindlova.
A seguito di rogatoria internazionale avvenuta dopo dell'arresto dei responsabili del delitto di Hana Kindlova, il sostituto procuratore Domenico Manzione ripercorre l'intera vicenda alla luce delle novità emerse dall'interrogatorio di Zdenek Illesova eRenata Losová
“C'è un cadavere sulla spiaggia di Torre del Lago.”
Il sostituto procuratore Domenico Manzione nel momento in cui riceve questa telefonata non sa ancora che quella biondina ritrovata sulla costa versiliese, porterà all'apertura di un caso di rilevanza internazionale, tanto che le prime impressioni erano totalmente fuorvianti.
“Quando ho visto quel corpo ho pensato subito: ecco, questa ragazza è venuta dal mare. Solo l'autopsia poteva dirci qualcosa in più”.
“Ho deciso subito un reportage fotografico, che venne effettuato dal medico legale. Volevo che fotografasse la ragazza come se fosse viva. Servendoci dei giornali e della televisione contavamo che qualcuno la riconoscesse”.
“Dopo due giorni di dubbi abbiamo iniziato a pensare che la ragazza non fosse italiana.”
Nonostante gli sforzi per giungere ad una certa identificazione del cadavere, le piste errate sono state moltissime, riconoscimenti sbagliati, identità diverse, nessuna sembra coincidere però con quella della “biondina di Torre del Lago.
“Siamo ripartiti da zero. Abbiamo avviato le indagini medico legali per cercare anche un minimo segno di riconoscimento: dall'esame dei denti al DNA – racconta ancora Domenico Manzione – e intanto cercavamo nel mondo notturno della Versilia”.
Il 28 agosto un ragazzo di Pisek assieme ad un'amica si presenta alla Questura di Firenze dicendo che è il fratello della “biondina” di Torre del Lago, il cui nome era Hana Kindlova. Marek Kindl guarda nuovamente la foto della ragazza e afferma:
“E' lei: è Hana”.
Gli inquirenti lo sottopongono a 75 ore di interrogatorio, c'è qualcosa di strano nelle sue parole, alla fine viene incarcerato per reticenza e per favoreggiamento. Anche la sua amica che l'aveva accompagnato viene interrogata dalla polizia:
“Sarà Michaela Kralova a darci una mano. E che ci racconterà tutto quanto.”
Dice il sostituto procuratore, lei come Hana è stata reclutata al suo paese e fatta prostituire sul lungo mare di Torre del Lago, con altre ragazze erano alloggiate alla pensione “Albarosa” di Tirrenia. Michaela fa anche il nome del loro protettore lo chiama “Peter”, ma è Zdnek Lacko, pregiudicato slavo di 28 anni, terrorizza, sfrutta e picchia le ragazze, è lui che ha convinto Marek a presentarsi alle forze dell'ordine per riconoscere il cadavere della sorella, nel tentativo di far calare la pressione essercitata da carabinieri e polizia negli ambienti della prostituzione versiliese. Hana voleva interrompere la loro relazione lavorativa, smettere con quel mondo fatto di violenza e sesso a pagamento. Nel racconto di Michaela la sera del 18 agosto 1993 lei Hana e altre ragazze si recano a Torre del Lago a bordo di una Fiat Uno bianca, li si sarebbe dovuta consumare la “punizione” di Hana per essersi ribellata ai protettori. Marek dice di non conoscere Lacko ma altre testimonianze lo sbugiarderanno e resterà in carcere. Michaele fino ad allora protetta dalla polizia, decide di andarsene e Manzione vola a Pisek per incontrare i genitori di Hana, ma assieme a loro incontra anche altre ragazze che come Hana sono andate a “lavorare” in Italia alloggiando alla pensione “Albarosa”.
“Una delle ragazze – racconta Manzione – si mise a piangere e disse: sono l'unica testimone dell'omicidio”. La giovane sapeva che la donna di Zdnek Lacko, Renata Losova (in articoli precedenti veniva chiamata con altro nome) una sorta di capo tra le nuove prostitute, aveva detto: “Io ammazzerò Hana, l'ammazzerò quando il Frau Marlene è chiuso.”
“Ha raccontato tutto a Michaela, e Michaela ha completato il racconto: quella sera Michaela, Renata Losova e la sua amante Zdenka Illesova, vanno con Hana alla spiaggia. Michaela vede che Renata spinge la testa di Hana sulla sabbia, racconta di aver visto la giovane donna schiumare. L'hanno denudata per evitarne il riconoscimento immediato e l'hanno lasciata li. Michaela ha tentato di opporsi, le hanno detto di lasciar perdere se non voleva fare la stessa fine.”
Ma come mai tanta rabbia?
Un movente economico non dovrebbe giustificare una tale rabbia nell'esecuzione del delitto, certo Hana stava cercando di uscire da un'organizzazione criminale che non poteva permettere un simile comportamento. Aveva fatto cresta sui soldi che avrebbe dovuto consegnare al suo pappone e in un caso aveva denunciato addirittura un furto (vero o meno esiste la sua denuncia in questura a Pistoia). Tuttavia la cosa avrebbe avuto più senso se ad ucciderla fosse stato il suo protettore Lacko direttamente interessato ai soldi e al lavoro che svolgeva Hana, ma ad ucciderla secondo queste testimonianze è stat Renata la fidanzata di Lacko, aiutata dall'amante di lei Zdenka Illesova (stesso cognome di Zdenka Lacko, è possibile fossero parenti? La difficoltà di dare un nome a certi personaggi mette in dubbio anche al più semplice deduzione sui loro nomi).
Secondo la versione riferita da Michaela, Lacko, il protettore, si era innamorato di Hana e Renata la sua donna ufficiale era venuta a sapere che tra loro vi era stata una relazione. Gelosia, paura e voglia di vendetta, sono queste le parole che spiegano il movente dell'omicidio di Hana Kindlova, gelosia per il fidanzato innamorata della rivale, paura di perdere il suo potere all'interno dell'organizzazione, voglia di vendetta nei confronti della nuova arrivata che si era subito mossa contro di lei rubandogli l'uomo e il lavoro, ecco quindi spiegata la rabbia nella dinamica del delitto. L'indagine partita da un delitto dal movente passionale è servita per far emergere il flusso di giovanissime ragazze dell'est avviate al mondo della prostituzione da organizzazioni senza scrupoli con accordi con altre realtà di criminalità locale.
Le ultime notizie sulla responsabile del delitto,Renata Losová ci arrivono da un'articolo di “Il Tirreno” in cui si dice che la donna dopo aver scontato 10 anni di carcere in Austri sia riuscita a tornare in Repubblica Ceca ha evitando l'estradizione in Italia dove c'era un mandato di cattura internazionale in vigore:
“E' una situazione paradossale. Nonostante ormai facciamo parte tutti dell'Unione europea, c'è un rischio serio che questa donna venga incarcerata due volte per lo stesso reato – ha dichiarato il console ceco a Vienna, Roman Prosa – essendo sempre valido il mandato di cattura italiano, gli austriaci hanno arrestato la Losova per estradarla in Italia. Durante la custodia cautelare in Austria, durata 4 mesi, Losova all'inizio di gennaio ha anche tentato di tagliarsi le vene”.
“Se l'Italia pretende che sconti quello che ho già scontato, aspetta invano. Io la frontiera non la oltrepasserò viva” aveva scritto Losova dal carcere austriaco. La settimana passata le autorità ceche sono riuscite a farla tornare nella Repubblica ceca".
“L'abbiamo salvata, in Italia evidentemente sarebbe finita in carcere”, ha detto al giornale il viceministro degli Esteri Petr Kolar. Secondo il Ministero della Giustizia ceco, questa situazione è dovuta al fatto che Losova è stata condannata da due tribunali nel periodo in cui la Repubblica ceca non faceva parte dell'Unione europea.
«Ora la nuova legge sul mandato di cattura europeo approvata dalla Repubblica ceca a ottobre 2004 evita che possano ripetersi casi simili» ha detto a Mlada fronta Dnes il portavoce della Giustizia Petr Dimun.
In Repubblica Ceca la Lesova era stata arrestata ma l'accusa non era riuscita a dimostrare la volontà di uccidere Hana Kindlova e quindi il delitto era stato derubricato a preterintenzionale.
Renata Losova
Misteri di Lucca