La leggenda del Ponte del Diavolo

Il ponte della Maddalena, ribattezzato ponte del Diavolo, è un'opera d'ingeneria ben nota ai lucchesi, si trova a Borgo a Mozzano e attraversa il fiume Serchio. La sua particolarità architettonica rientra nei canoni dei ponti detti a “schiena d'asino”, caratterizzati da un ampio saliscendi dovuto ad una forma arcuata, cercando di realizzare un arco a tutto sesto più ampio possibile che permettesse l'attraversamento del corso d'acqua. Già a prima vista si nota che il ponte della Maddalena viola queste regole e diventa unico nel suo genere, poiché le arcate sono completamente asimmetriche, quella centrale in particolar modo svetta altissima, quasi sfidando le leggi di gravità.


Viene edificato intorno all'anno 1000, individuando il perido all'incirca ai tempi della Contessa Matilde di Canossa (1046 – 1115), con lo scopo di raggiungere Lucca e la via Francigna. L'aspetto attuale è dovuto ad una ristrutturazione avvenuta nel XIII secolo e voluta dal condottiero lucchese Castruccio Castracani. Il suo nome, “ponte della Maddalena”, nasce da un'edicola che custodisce al suo interno la figura della Maddalena realizzata nel '500 e ad oggi non più presente.
La sua struttura e il suo fascino al di fuori del tempo hanno fatto si che nascessero numerose leggende intorno a questo ponte e sulla sua realizzazione:
Secondo i racconti tramandati dai lucchesi, il capomastro, responsabile della realizzazione del ponte (in alcuni racconti identificato con san Giuliano Ospitalieri) è preoccupato per le difficoltà riscontrate. In molte occasioni il suo lavoro ha subito bruschi rallentamenti a causa di piene e straripamenti del fiume.
Affranto da un ultimo fallimento si abbandona disperato sulle sponde del Serchio, maledicendo le sue sfortune.
Quel giorno le sue parole sono udite dal Diavolo che immediatamente si manifesta al capomastro con parole seducenti:

“Capomastro, posso realizzare il tuo più grande desiderio! In una sola notte posso realizzare il tuo caro ponte. Domani potrai mostrarlo ai paesani e sarai ricoperto di onori e gloria! In cambio tu però, dovrai donarmi l’anima di chi lo traverserà per primo! Accetti il mio patto?”

Il capomastro da prima spaventato, accetta il patto, incerto che il ponte possa essere pronto in un solo giorno. La notte però lo assalgono i rimorsi, non riesce a dormire si rigira nel letto, poi stanco di lottare con le coperte esce di casa e corre a precepizio verso il cantiere. Lo raggiunge proprio nel momento in cui il primo raggio di sole colpisce la valle e illumina un bellissimo ponte di pregevole fattura.
Il Diavolo, come sempre, tiene fede ai suoi patti.
Il capomastro però, è pieno di rimorsi che ledono la sua felicità per il progetto realizzato. Decide quindi di confessare tutto al parroco del paese per chiedere l’assoluzione dal suo peccato. Il parroco, uomo di fede, ma molto pratico, ha già avuto a che fare con gli scherzi del maligno e consiglia l’uomo di ingannarlo renderndogli pan per focaccia.

“Chi varcherà per primo il ponte non dovrà essere un uomo, ma un animale! In questo modo le anime di tutti i paesani saranno salve”.

Il capomastro il giorno dell’innaugurazione del ponte blocca la folla in modo che nessuno possa attraversarlo. Nel metre, getta un po’ di focaccia dall’altra parte, un
cane maremmano, dal candido pelo bianco, attraversa il ponte per mangiarla e il Diavolo è costretto a prendere la sua anima. Sbeffeggiato e deriso da tutti per
l’inganno subito, si getta dal punto più alto del ponte e finisce inghiottito dalle scure acque del Serchio.
Gli abitanti di Borgo a Mozzano però non dimenticano la leggenda e la raccontano di fronte al camino nelle fredde sere invernali; quando il vento gelido fischia dietro i
vetri delle finestre e sembra l’ululto del cane cha ha attraversto il ponte. C’è chi giura di aver visto la sua figura aggirarsi tra i vicoli del paese, alcuni pensano che sia il
Diavolo, ancora in cerca dell’anima del capomastro.
In alcune varianti della leggenda il cane diventa un maiale e invece di una focaccia il capomastro lancia sul ponte una mela. Comunque sia, il Ponte del Diavolo si presta come scenario ad altre leggende del territorio lucchese, come quella di Lucida Mansi.

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Il Ponte del Diavolo e Lucida Mansi

Lucida Mansi è una nobildonna lucchese di bell'aspetto, prestante, potente, ricca e giovane, con una tremenda paura per la vecchiaia. Ella faceva di tutto per evitare l'avanzare dell'età: alchimie, viaggi alla ricerca di saggi, fonti mistiche ed altro per non invecchiare. Una mattina, nella sua residenza di Monsagrati a Pescaglia, scopre che sul suo viso è apparsa una lieve ruga. In preda alla disperazione comincia a piangere ed urlare. La sera di quello stesso giorno Lucida (o Lucilla) mentre vaga nervosamente per le vie di Borgo a Mozzano, passa vicino al Ponte della Maddalena (allora ancora così conosciuto) dove incontra un bellissimo ragazzo che le propone trent'anni di giovinezza in cambio della propria anima.
La sciagurata accetta. Così Lucida vine portata dal giovane sul punto più alto del ponte, a quel punto il ragazzo prende le sembianze di Lucifero e stacca l'anima della nobildonna dal suo corpo, gettandola nel Serchio.

Fonte Wikipedia

 

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