• Demo
    "Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità."

    Sherlock Holmes

  • Demo
    "Ogni uomo è un criminale senza saperlo."

    Albert Camus

  • Demo
    "È un errore enorme teorizzare a vuoto. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il viceversa."

    Sherlock Holmes

  • Demo
    "Ogni cosa deve essere considerata in relazione al contesto, alle parole o ai fatti."

    William Withey Gull.

  • Demo
    "Io l'ho visto. Con gli occhi della mente si vedono molte più cose di quel che non si veda con gli occhi del corpo. Basta appoggiarsi indietro, nella poltrona, e chiudere gli occhi..."

    Hercule Poirot

  • Demo
    "A giudicare per induzione e senza la necessaria congiunzione dei fatti, si fa alle volte gran torto anche ai birbanti.

    Alessandro Manzoni

  • Demo
    "Sono proprio le soluzioni più semplici quelle che in genere vengono trascurate."

    Sherlock Holmes

  • Demo
    "Abbastanza spesso il criminale non è all’altezza della sua azione: egli la immeschinisce e la calunnia."

    Friedrich Nietzsche

  • Demo
    "Non è vero che i criminali siano uomini di intelligenza limitata; probabilmente, anzi, è vero il contrario."

    Michael Crichton

  • Demo
    "Quella dell'investigazione è, o dovrebbe essere, una scienza esatta e andrebbe quindi trattata in maniera fredda e distaccata."

    Sherlock Holmes

  • Demo
    "Uccidere è un crimine. Tutti gli assassini vengono puniti, a meno che uccidano in gran numero di persone e al suono delle trombe."

    Voltaire

  • Demo
    "È un errore confondere ciò che è strano con ciò che è misterioso. Spesso, il delitto più banale è il più incomprensibile proprio perché non presenta aspetti insoliti o particolari, da cui si possono trarre delle deduzioni.."

    Sherlock Holmes

  • Demo
    Non bisogna dire che un atto offende la coscienza comune perché è criminale, ma che è criminale perché offende la coscienza comune."

    Émile Durkheim

  • Demo
    "Fanno meno danno cento delinquenti che un cattivo giudice."

    Francisco de Quevedos

  • Demo
    "La vita non è altro che una lotta tra l’essere il criminale piuttosto che la vittima."

    Bertrand Russell

  • Demo
    "Il vero significato del crimine risiede nel suo essere un’infrazione alla fiducia della comunità del genere umano..."

    joseph Conrad

  • Demo
    Per prevalere, il crimine uccide l’innocenza e l’innocenza si dibatte con tutte le forze nelle mani del crimine."

    Maximilien de Robespierre

  • Demo
    "Per comprendere certi delitti basta conoscere le vittime."

    Oscar Wilde

  • Demo
    "Gli elementi che portano a risolvere i delitti che si presentano con carattere di mistero o di gratuità sono la confidenza diciamo professionale, la delazione anonima, il caso. E un po', soltanto un po', l'acutezza degli inquirenti."

    Oscar Wilde

Serial Killer attivi in Italia: Il Mostro di Cuneo

Tra i possibili serial killer attivi in Italia negli ultimi 25 anni, l’Osservatorio di psicopatologia forense dell’Università “La Sapienza” di Roma, individua alla ventinovesima posizione il “Mostro di Cuneo”.

Per poter analizzare il caso in maniera esaustiva e confermare la tesi che le varie vittime siano da attribuire alla solita mano, occorre studiare con una certa precisione i delitti che sono stati commessi, prima singolarmente, prendendoli in esame come se fossero delitti a se stanti, poi confrontandoli insieme, individuando le varie analogie o differenze.

In questo modo potremmo avere un quadro completo e poter affermare con un’approssimativa certezza che negli ultimi anni a Cuneo era presente o meno un serial killer.

La ricerca delle fonti

Il primo problema che abbiamo dovuto affrontare (come sempre) è stato quello della ricerca delle fonti, in questo caso specifico relativo al Mostro di Cuneo la difficoltà di individuare i delitti commessi non si è presentata a causa della particolare vittimologia interessata. I bersagli designati sono coppiette appartate in auto e questo genere di vittime sono molto più rare rispetto ad altre, come ad esempio le prostitute.

Abbiamo individuato tre duplici attacchi a coppiette nella provincia di Cuneo, nell’arco che va dal 1980 al 2000, venti anni, per un totale di 4 vittime accertate e 2 ferite, tutte le persone sono state attinte da colpi d’arma da fuoco nel mentre si trovano su un’autovettura.

Le fonti utilizzate sono state individuate nei quotidiani locali che si sono occupati delle vicende al tempo, i delitti più datati sono ritornati alla ribalta della cronaca grazie all’interessamento dell’avvocato penalista, Alessio Ghisolfi, che si è interessato ai vari casi nel tentativo di riportare a galla una verità che non è mai stata trovata.

Delitto dell’Eremo di Busca (CN), 31 dicembre 1979, 1 gennaio 1980

Vittime: Angelo Delfino, deceduto - donna di nome sconosciuto, ferita;

Arma del delitto: Pistola calibro 22, mai rinvenuta;

Angelo Delfino di anni 43, di Villar San Costanzo, lavora come operaio alla Michelin di Cuneo, viene rinvenuto cadavere il giorno 1 gennaio 1980 da un passante che scorge il corpo adagiato sul sedile della sua Fiat 127 rossa. Viene stabilito che l’orario della morte risale a circa 15 ore prima. La donna aggredita al suo fianco, di cui si ignorano le generalità, viene ferita da un colpo d’arma da fuoco, ma riesce a salvarsi dall’attacco, di lei sappiamo che è sposata ma ha una relazione con Angelo Delfino, di cui è collega alla Michelin di Cuneo e che abita a Valle Maira.

Eremo di Busca

Secondo l’approssimativa ricostruzione ricavata dall’articolo di giornale, la coppia a bordo dell’autovettura del Delfino, una Fiat 127 di colore rosso, dopo aver percorso la strada provinciale 46 (SP46) che conduce da Rossana (CN) a Morra San Giovanni (CN), si immette in quella che oggi viene chiamata via Morra San Giovanni, per raggiungere il bivio che conduce all’Eremo. Con tutta probabilità la coppia è stata pedinata dall’aggressore.
Giunti nei pressi dell’eremo, Delfino e la sua amica vengono sorpresi dall’assassino che spunta fuori come un’ombra dalla vegetazione, apre il fuoco sulla coppia con una pistola calibro 22, uccide sul colpo l’uomo e ferisce la donna. Il tutto avviene in una frazione di secondo e come è arrivato, il killer sparisce senza lasciare traccia e senza accertarsi delle condizioni in cui si trovano le vittime, di cui una ancora in vita.
Questi purtroppo sono i pochi dati che abbiamo in mano per poter ricostruire il delitto, nessun dettaglio a cui appigliarsi e nessuna testimonianza da poter leggere e valutare. Le indagini ufficiali esclusero la colpevolezza dell’amica di Delfino e che si concentrarono sui moventi classici, gelosia, rapina, vendetta, ma non bastarono per dare un volto al responsabile. Ancora oggi il delitto dell’eremo di Busca o “delitto di Capodanno” è un caso aperto.

Nel marzo 2013 l’avvocato Alessio Ghisolfi del foro di Cuneo si interessa alla riapertura del caso e chiede l’accesso al fascicolo in archivio, la Gazzetta di Cuneo ne da notizia in un articolo.
Qualche mese dopo, l’avvocato Ghisolfi, pubblica un altro articolo sulla Gazzetta in cui asserisce di avere interessanti novità sul caso.
In questo tempo è stato contattato dalla nipote della vittima, una parte della famiglia chiede giustizia e si dice pronta a collaborare con l’avvocato cuneese per portare alla luce la verità, nonostante il tempo offuschi i ricordi e le prove. Un’altra parente di una vittima vorrebbe gettare nel dimenticatoio quella tragica pagina di cronaca locale e ha chiesto di non essere coinvolta nell’eventuale riapertura del caso.

Nei giorni precedenti arriva alla sede legale dell’avvocato una lettera anonima scritta in stampatello, in apertura si fa riferimento al delitto di Angelo Delfino, racconta Ghisolfi nell’articolo:

<< Una calligrafia evidentemente da anziano, con passaggi involuti, alcuni di difficile comprensione e grossolani errori ortografici. Non sembra però una forzatura, ma anzi il tentativo di una persona in età avanzata di dirci qualcosa. Qualcuno che deve aver letto la Gazzetta a marzo, quando abbiamo annunciato la volontà di chiedere la riapertura del caso e che sperava di ricevere aggiornamenti in merito. E che forse spazientito dal silenzio ha voluto darci degli elementi in più >>.

Si tratta di una lettera in 2 foglietti, che reca scritte su tutte e quattro le facciate. Tutto il racconto ha come filo conduttore delitti o presunti tali e incidenti traumatici. Sono nominate delle persone, che per ora l’avvocato intende omettere, per comprensibili ragioni di riservatezza. Si parla di altri tre casi. Un uomo morto dietro la scuderia, “portato con la carriola ancora lucido”. Un episodio su cui lo scrivente dice espressamente “I suoi sanno molte cose”. Si cita la morte di un altro uomo, caduto dalle scale durante una cena di leva, così come si parla della “lama di 40 cm” che ha trafitto la schiena di una terza vittima. La scrittura sconnessa non favorisce la comprensione dell’intero testo, né chiarisce se lo scrivente volesse collegare le morti (o presunte tali) al noto episodio di Capodanno, o solo elencare una serie di casi di morte traumatica o violenta avvenuti nella zona anche a distanza di anni. Non c’è ragione per ora di ritenere attendibili queste segnalazioni confuse, però Ghisolfi sta cercando elementi per meglio comprendere i tre episodi descritti (qualora si siano realmente verificati) nel biglietto. E lo sta facendo con l’aiuto di alcuni buschesi di lungo corso, conoscitori diretti delle vicende degli ultimi 40 anni.

(Tratto direttamente dall’articolo di giornale)

Il fatto singolare evidenzia la possibilità, sempre da verificare, che al delitto di Capodanno si possano associare altri tre delitti successivi che hanno vittime e metodologie diverse. Tuttavia, è evidente dall’articolo di marzo (quello precedente alla lettera anonima), che l’avvocato aveva sottolineato di aver effettuato una ricerca generale di alcuni delitti insoluti avvenuti a Cuneo parlando nello specifico di quello di Capodanno.
Con una certa approssimazione possiamo dire che la spiegazione più semplice di questo elenco di delitti possa essere, non tanto l’associazione con quello avvenuto all’eremo di Busca, quanto più tosto un elenco di alcuni fatti di cronaca a cui nessuno è riuscito a trovare una soluzione e che potrebbero essere studiati dall’avvocato.
Non conoscendo però precisamente il contenuto dalla missiva, ne tanto meno le indagini a cui è approdato l’avvocato Ghisolfi, archiviamo questa parte singolare della vicenda e attendiamo nuovi sviluppi per poter aggiungere altri delitti al caso del Mostro di Cuneo.

 
Delitto di Crissolo (CN), 17 ottobre 1990


Vittime:
Aldo Bruno e Felicita Bruggiafreddo

Arma del delitto: 357 Smith & Wesson

La mattina di mercoledì 17 ottobre 1990, Aldo Bruno, geometra del Catasto edilizio urbano di Cuneo, esce di casa di buon ora dicendo alla moglie che per lavoro avrebbe dovuto effettuare dei rilievi in un paesino del Salluzzese e che sarebbe rincasato all’ora di cena, per non perdersi la partita di calcio trasmessa in tv. Per recarsi a lavoro Aldo Bruno passa dall’autofficina per ritirare il camper e lascia l’autovettura rotta. Nel momento in cui la moglie non lo vede rincasare neanche la mattina dopo, si reca a denunciarne la scomparsa, è giovedì 18 ottobre 1990.

La mattina di mercoledì 17 ottobre 1990, Felicita Bruggiafreddo di 37 anni disegnatrice del Catasto Edilizio Urbano di Cuneo, non si reca al lavoro. Decide di prendere un giorno di permesso per incontrarsi con il collega Aldo Bruno.
Lei parcheggia la sua autovettura, una Autobianchi A112, davanti al cimitero di San Benigno (CN), lui la fa salire sulla sua Fiat 500. Raggiungono il meccanico e ritirano il camper lasciando la macchina e insieme partono in direzione di Crissolo.

Alle 21.30 di giovedì 18 ottobre 1990, i Carabinieri della stazione di Crissolo rinvengono due cadaveri su di un camper, che hanno visto dal giorno precedente,posteggiato a pochi metri dalla statale, in un prato di fronte alla vecchia discarica comunale nei pressi dell’abitato. L’uomo si trova riverso sul pavimento del mezzo, colpito da tre proiettili di 357 al corpo, la donna si trova anche lei riversa sul pavimento vicino ad un tavolino, colpita da tre colpi alla schiena di 357 Magnum. Dalla ricostruzione ufficiale si evince che il killer dopo aver ucciso gli occupanti del camper, ha spento la luce interna, ed è sparito.

 

 357 magnum

 

La ricostruzione dell’evento e le indagini

I due stanno consumando un pasto, quando con tutta probabilità qualcuno ha bussato alla porta del mezzo e, appena Aldo ha aperto, è stato colpito da 3 proiettili di pistola che l’hanno attinto allo stomaco. Successivamente il killer ha rivolto l’arma verso Felicita, che ha tentato di ripararsi sotto il tavolino, esponendo la schiena allo sparatore, che ha esploso altri 3 colpi di proiettile.

Inizialmente le indagini si concentrarono sul movente passionale, è facile immaginare entrambi come amanti, per la situazione che si è presentata agli occhi degli inquirenti e soprattutto perché Felicita ha preso un giorno di permesso per accompagnare a lavoro Aldo.
In realtà gli inquirenti scoprono che tra i due vi è soltanto una relazione d’amicizia, Aldo è diventato il confidente di Felicita e da almeno 5 anni si frequentano, anche il fidanzato di lei ne è a conoscenza. Al contrario, non è stata informata la moglie di Aldo, perché considerata gelosa e diffidente. Negli ultimi tempi Felicita è indecisa se riallacciare o meno i rapporti con l’ex marito e si è allontanata dal lavoro per confidarsi con Aldo. Il fidanzato di Felicita, l’ingegner Adriano Nervi, viene sottoposto alla prova del guanto di paraffina e risulta negativo. L’ex marito, il professor Giannamaria Ciavataro, al momento in cui è avvenuto il delitto sta tenendo una lezione all’Istituto per Geometri di Biella.

Cade quindi la pista passionale, una volta accertato che tra i due non vi è alcuna relazione sentimentale e che le persone che potenzialmente potevano essere gelose, non hanno a che fare con la vicenda.

Gli inquirenti seguono la pista della rapina, alcuni elementi potrebbero far propendere per questa eventualità. All’interno del camper mancano all’incirca 400.000 lire e dalla scena del crimine mancano anche i documenti della donna. E’ certo però, che il portafoglio di Aldo Bruno è stato rinvenuto sul tavolo, insieme agli avanzi di un pasto. Gli inquirenti spiegano che non può essere stato estratto dalla tasca dei pantaloni dopo il delitto. Non abbiamo alcun dettaglio se al suo interno siano stati trovati dei soldi (dall’articolo sembrerebbe di si) e nel caso, l’ammontare della cifra. L’orologio e il braccialetto d’oro di Aldo Bruno invece non sono stati toccati.

Un’attenta analisi dei proiettili utilizzati li fa corrispondere a cartucce di una 357 magnum scamiciati, dei proiettili ad espansione dagli effetti devastanti.

Collegamenti con il delitto di Don Guglielmo Alessio, Cortazzone (AT)

Vittima: Don Guglielmo Alessio

Arma del delitto: 357 Magnum

delitto don guglielmo alessi 

La particolarità dei proiettili utilizzati nel delitto di Crissolo, 357 Magnum, sono una delle poche certezze in mano agli inquirenti, il tipo di arma è rara nell’esecuzione di un delitto e quindi agli inquirenti non sfugge la corrispondenza con un altro delitto avvenuto poco tempo prima e che ancora non è stato risolto.

Si tratta del delitto di Don Guglielmo Alessio, freddato con 6 colpi di 357 Magnum, il 15 ottobre 1990.
E’ la sera del 15 ottobre 1990, Gioele Stroppiana, cantoniere di Cortazzone, un paese di 524 anime nelle colline dell’astigiano, nota in fondo ad un viottolo la Fiat 127 rossa del parroco, Don Guglielmo Alessio. Ha notato l’autovettura ferma, sia la mattina, che il pomeriggio, sa che il parroco ama passare del tempo nel suo orto, ma è molto strano si trovi ancora lì di sera. Pensando che l’auto di Don Guglielmo sia rimasta ferma, chiama in aiuto il suo amico meccanico, Secondo Pastrone e insieme si avvicinano all’auto e trovano all’interno la tonaca e un giornale-. In quel momento si accorgono che non si tratta di un guasto e decidono di avvertire i Carabinieri.
Quasi contemporaneamente alla Stazione dei Carabinieri di Montafia arriva un’altra segnalazione che riguarda la sparizione del parroco di paese. Armanda Brina e suo marito Lelio Diserò, titolari del ristorante La Crota d' Vanara e affezionati parrocchiani dovevano passare a prendere il parroco perché insieme a lui sarebbero dovuti andare ad un incontro spirituale con il vescovo di Torino ad Asti .
Arrivati alla chiesa non lo trovano, in paese nessuno sa dov'è e a quel punto decidono di chiamare i carabinieri.

Il cadavere di Don Guglielmo Alessio è in mezzo ai peperoni, riverso su un fianco con il viso schiacciato contro la terra e la camicia a quadroni zuppa di sangue. In un primo momento si sospetta che il parroco sia stato ucciso in un incidente di caccia, solo dopo l’analisi autoptica eseguita dal professor Carlo Baima Bollone, dell' Istituto di medicina legale di Torino, si ha la certezza che il prete è stato colpito da 6 proiettili 357 magum, sparati da una pistola.
I proiettili hanno raggiunto il fianco sinistro con un andamento dal basso verso l’alto che denota una buona precisione nell’utilizzo di armi di grosso calibro.
I proiettili 357 magnum scamiciati sono stati sparati da un revolver Sturm Ruger 357 magnum.

Sturm Ruger 357 magnum

 

Altro dato importante che ci giunge da alcune testimonianze dei paesani, la mattina del 15 ottobre due nomadi sono stati sorpresi a rubare dalla cassetta delle offerte della chiesa. Il parroco si è disinteressato della faccenda, dichiarando che comunque le offerte sarebbero andate ai poveri e che probabilmente anche quei nomadi lo sono.
Il parroco, prima di recarsi nell’orto, ha ritirato la pensione, nel portafoglio ha 600.000 £, il killer si è sicuramente impossessato del denaro.

Si tratta apparentemente di due delitti che hanno una vittimologia differente, ma si rivelano legati dal tipo di arma utilizzata, un revolver 357, con proiettili Magnum scamiciati.
Altro importante legame è il fattore spazio temporale, i due delitti sono stati commessi in luoghi relativamente vicini, da Cortazzone a Crissolo ci sono 112 km e i delitti sono temporalmente distanti di soli 2 giorni.
Considerando che il 357 magnum è scarsamente diffuso come arma, si può facilmente pensare che dietro i due delitti ci sia la solita mano.

crissolo cortazzone 

I proiettili vengono spediti all’Istituto di ricerche tecniche di Venezia e vengono comparate con quelli ritrovati su una scene del crimine verificatasi a Torchiera di Pontevico il 15 d’agosto 1990, giorno in cui è stata sterminata una famiglia. Il 21 ottobre 1990 l’analisi al microscopio comparatore è chiara, l’arma utilizzata nei due delitti è la stessa.
Dagli articoli di giornale si evince che i proiettili saranno comparati anche con quelli del delitto di Crissolo, purtroppo non si conoscono precisamente le risultanze.

Collegamenti con la strage di Pontevico, 15 agosto 1990

Vittime: Giuliano Viscardi, 57 anni, la moglie Agnese Maringoni, 53 anni e i figli Luciano e Maria Francesca, di 27 e 22 anni.

Arma del delitto: 357 Magnum, Calibro 22

strage di Torchiera di Pontevico

La sera del 15 agosto 1990, i coniugi Viscardi vengono avvistati alla festa di San Rocco che si svolge in paese, danno un’occhiata qua e in là e poi acquistano tre pizze, una in più per la figlia Francesca, e tornano a casa.
Luciano Viscardi invece è in compagnia della sua fidanzata, che deve sposare a settembre, in giro per il paese. Poco dopo le undici i due sono partiti con l' Alfasud di Luciano, per riaccompagnare Anna a casa a Calvisano. A mezzanotte meno un quarto, di fronte alla casa della ragazza, i due fidanzati si sono lasciati e Luciano è ripartito verso Pontevico.

La mattina successiva, il figlio più grande della famiglia Viscardi, Guido Viscardi, che abita poco distante con la moglie e con la figlia, raggiunge la casa dei genitori. Stranamente la porta d’ingresso è aperta, varcando la soglia e salendo al piano superiore si accorge subito che qualcosa non va, c’è acqua ovunque, sulle scale, nell’atrio e a guardare bene anche nel viottolo d’ingresso, si scoprirà successivamente che un proiettile ha colpito una tubatura idraulica producendo la fuoriuscita d’acqua.
Al piano terra è tutto in ordine, le finestre sono chiuse. Una piccola scala porta al piano superiore, un soppalco dove sono state ricavate le camere da letto dei ragazzi. La prima camera, con una porta di legno è sfondata, è quella di Francesca, 23 anni, una bella ragazza mora: è in fondo alla stanza, rannicchiata su se stessa, con la camicia da notte e la vestaglia. Accanto a lei, supino, c' è suo padre Giuliano, 57 anni, anche lui in pigiama ma con le mani ed i piedi legati da corde e stracci. Quasi sull'entrata c' è Luciano, 29 anni, il figlio maggiore: è l' unico della famiglia ad essere vestito ancora con gli abiti del giorno, una camicia ed un paio di blue jeans. Tutti e tre sono stati uccisi con colpi di pistola alla testa, a bruciapelo. Poi c' è una striscia di sangue che porta all' altra stanza, quella dove dormiva Luciano: e qui, quasi seduta, c' è Agnese Maringoni, 55 anni, la madre. E' la sola a non essere stata colpita alla testa, gli assassini, l' hanno uccisa dopo che è riuscita a liberarsi i polsi e ad arrivare fino al telefono per lanciare una richiesta d'aiuto. La cornetta dell'apparecchio è rimasta staccata, un proiettile le ha spaccato il polso. In alcune stanze, inequivocabili, le tracce del passaggio degli sconosciuti: cassetti aperti, armadi svuotati, portafogli svuotati e abbandonati.

L’arma del delitto sono due, una pistola calibro 22 e una 357 magnum, quest’ultima diventerà il simbolo distintivo della banda di slavi guidati da Ljubisa Vrbanovic, soprannominato Manolo o “la belva dagli occhi gialli”, gli altri componenti sono Miso Vrbanovic, fratello del «capo», Jovan Marinkovic e il nipote Ivica Bairic.

manolo

La possibile dinamica dell’evento: la banda di Manolo fa irruzione nell’abitazione dei Viscardi, uno di loro porta una parrucca castana, che è stata ritrovata nella casa. I rapinatori scavalcano senza problemi il muretto di cinta, spianano le armi e costringono i coniugi a salire al primo piano per poi legarli. Pochi i soldi in contanti trovati. Sempre sotto la minaccia delle pistole, costringono la figlia, Francesca, a far loro da guida durante la razzia nella casa. Di certo hanno trovato poco: qualche soldo in contanti, dei gioielli. “Non tengono mai molto denaro in casa”, raccontano i parenti dei Viscardi. Attorno a mezzanotte e mezza, arriva Luciano, posteggia l' Alfasud sul retro e sale: è l' inizio della fine. Il ragazzo entra nella sua camera, trova la madre con i polsi legati, la libera con un coltello da cucina che verrà trovato a pochi passi dal suo corpo. Subito dopo il giovane si trova faccia a faccia con i rapinatori che reagiscono brutalmente, sparandogli un colpo in piena fronte. Luciano Viscardi cade a terra ma a quel punto gli sconosciuti decidono di fare terra bruciata intorno a loro, uccidono con freddezza il padre e la sorella del ragazzo. Gli ultimi colpi sono per Agnese, la madre.

Il caso risulta interessante dal nostro punto di vista perché il 21 ottobre 1990 si ha la certezza che la banda di Manolò ha ucciso anche Don Guglielmo grazie alla comparazione dei proiettili repertati, l’arma è quindi sempre la solita e anche i colpevoli.
Dagli articoli di giornale si ha quasi la certezza che anche per il delitto di Crissolo l’arma sia la medesima, purtroppo non abbiamo un articolo che lo conferma apertamente, tuttavia si può desumere dalla vicinanza tra i vari delitti, dal fatto che passano solo due giorni tra l’uno e l’altro e soprattutto per il tipo di modello di arma usata, una 357 magnum, non proprio un’arma comune per commettere un omicidio.

Collegamenti con il serial killer Arrigo Candela il “Rambo del Canavese”

Altro interessante collegamento che riguarda il delitto di Crissolo, è quello che è stato ipotizzato tra i delitti del serial killer Arrigo Candela. Esistono alcune fonti che risultano attendibili e propendono per questa soluzione. Tuttavia dalla stampa non viene mai stato confermata la corrispondenza balistica tra un'arma in uso a Candela e la 356 Magnum utilizzata nel duplice delitto di Crissolo.

Scheda tecnica del Serial killer Arrigo Candela

Per studiare meglio questo serial killer ci aiutiamo con la scheda tecnica riportata nel libro “Serial killer italiani – Un'analisi psicologica, criminologica e psichiatrico-forense” del Professor Paolo De Pasquali, un testo essenziale per chi si addentra nello studio dei serial killer italiani. Non riporteremo completamente la scheda interna del libro, ma solo alcuni passi, per un più attento studio del caso rimandiamo al testo completo contenuto nel libro.

Arrigo Candela <<Il Rambo del Piemonte o del Canavese>>

Città, data di nascita, occupazione: Baldissero Canavese (TO), 1956, ex-guardia giurata ;

Età primo e ultimo omicidio: 34-36 anni;

N. omicidi/tempo: 7 omicidi in 2 anni;

N. sesso e età vittime: 7, 5 maschi, 2 femmine;

Scelta vittime: categorie casuali, conosciute o sconosciute;

Movente: disturbi di personalità antisociale e borderline

Dinamica Omicidi: blitz a sorpresa

Armi utilizzate: Revolver 357 Magnum, fucile a pompa, Beretta 9x21

Comportamento dopo l'arresto: di fronte al magistrato ammette gli omicidi, si chiude in mutismo, è tranquillo, perde 20 kg, tenta di evadere, lascia intendere fantasiosi collegamenti con la mafia, non è pentito, rinuncia all'appello, dice di meritare l'ergastolo;

Biogafia rilevante: il padre non l'ha mai riconosciuto come figlio legittimo, diventa un mito della sua adolescenza, alla madre è molto legato. Ha avuito un'infanzia non facile. Scappa spesso di casa e si rifugia nei boschi. Ottiene un lavoro come guardia giurata, ma dopo pochi mesi firma le dimissioni per motivi personali. Appassionato di armi, passa ore a costruire armi e dosare polvere e pallini.
Nel 1990 si trasferisce con la famiglia a Baldissero Canavese (distanza Crissolo 128km).

crissolo baldissero canavese

Circondato da animali, 5 cani e 20 gatti, conduce una vita ritirata insieme alla famiglia. Vive nel mito del <<superuomo>> e di un ecologismo estremo, i vicini lo considerano un tipo tranquillo ma irascibile. Passa intere notti nei boschi esercitandosi nella sopravvivenza e all'utilizzo delle armi, per questo viene soprannominato <<Rambo>>. I suoi delitti si differenziano da un punto di vista del movente, in alcuni casi non hanno una motivazione ben precisa, in un altro punisce chi danneggia la natura, in un altro ancora ha origini in una vendetta personale, l'ultimo è da considerarsi situazionale. Un delitto in particolare avviene ai danni di un compagno d'infanzia con il quale in passato ha avuto uno scontro fisico perché Candela ha molestato la sua fidanzata. Alcuni giorni prima del delitto i due si sono rincontrati e ne è nata una furiosa lite, finita in rissa. Una sera Candela lo aspetta fuori di casa e appena lo vede sopraggiungere gli scarica contro 16 colpi di pistola, l'intero caricatore bifilare della sua Beretta, è il 21 gennaio 1992. Dopo l'omicidio i Carabinieri scoprono un bigliettino nel portafogli della vittima in cui è annotato il numero di targa appartenente ad un furgone intestato alla convivente del Candela.
Dalla perquisizione dell'abitazione viene sequestrato un vero e proprio arsenale, una mitraglietta uzi, diverse pistole, tra cui la stessa Beretta che ha ucciso l'amico di infanzia e un fucile a pompa che ha ucciso una coppia in un bosco. Candela riesce a scappare all'arresto, fugge in Francia, dove viene raggiunto dalla convivente. Tra giugno e agosto vive in un camper, con il guadagno di alcune rapine e furti. Durante l'assalto ad una banca a Redon, uccide un agente che cerca di fermarlo. Viene arrestato dalla polizia francese in una foresta della Bretagna. Nel '94 viene processato in Bretagna per 7 omicidi e rapine in banca.

Sembra che Candela ufficialmente sia accusato del delitto di Crissolo, sarebbe il primo della serie, tuttavia rimangono alcuni dubbi. Che fine ha fatto la 357 Magnum che ha sparato? Dagli accertamenti non risulta essere stata trovata nella sua abitazione. Che movente ha il delitto di Crissolo? Apparentemente, la motivazione di questo delitto non esiste. Le vittime si trovano in un camper e non stanno facendo niente di male, sono fermi in una piazzola. Tutti gli altri delitti hanno dei moventi ben precisi. Quali sono le determinazioni tra la comparazione dei proiettili utilizzati nei delitti attribuiti sicuramente a Candela e quelli sparati nel delitto di Crissolo? Purtroppo si parla di comparazione, ma mai di risultati positivi dei test.
In un’altra occasione Candela uccide una coppia, due coniugi che sono in cerca di funghi nel bosco, vengono raggiunti dai colpi di un fucile a canne mozze. Come verrà accertato successivamente, il Candela su questo omicidio si confessa con la compagna dicendo <<Quella volta nei boschi è stato un incidente>>. Il Candela è solito provare le armi da fuoco nei boschi e secondo la ricostruzione ufficiale spara per sbaglio al marito e poi uccide la moglie per eliminare un testimone scomodo.
Il delitto di Crissolo però, non può essere un incidente, i due si trovano all'interno del camper.

In ogni caso Arrigo Candela è un sospettato importante, da tenere in considerazione per questo delitto. Rimane però sicuramente innocente per il delitto dell'eremo di Busca, perché non abita nella zona e per il delitto del santuario della Madonna della Riva, perché si trova già agli arresti in Francia. Sicuramente Candela non è il Mostro di Cuneo.

A seguito di questi collegamenti, è possibile con un’approssimativa certezza escludere il delitto di Crissolo da quelli che è stato ipotizzato fossero attribuibili alla solita mano chiamata il Mostro di Cuneo?

Delitto del santuario della Madonna della Riva (CN), 31 ottobre 2000

Vittime: Giovanni Sacchi ucciso, Chiara Barale ferita al femore, al gomito e alla gola;

Arma del delitto: una 357 Magnum Smith & Wesson

La sera del 31 ottobre i due fidanzati Giovanni Sacchi e Chiara Barale, dopo aver passato il pomeriggio assieme, decidono di cenare al locale “Pizza Express” di Viale Nizza a Cuneo. Dopo aver cenato montano a bordo della Fiat Tipo appartenente al Sacchi, percorreno 3-4 km e raggiungono viale Madonna della Riva, un luogo appartato dovuto alla notevole vegetazione presente. Parcheggiano l’auto tra due alberi, si tolgono le scarpe e reclinano i sedili in cerca di intimità, sono le 22.30.
Un uomo si avvicina all’autovettura, si fa vedere dagli occupanti, dopo un attimo di esitazione bussa al finestrino con il calcio di una pistola di grosso calibro. Sacchi al posto del guidatore si spaventa e mette in moto l’auto per darsi alla fuga, lo sconosciuto apre il fuoco e spara due colpi all’indirizzo di Giovanni, il primo colpo gli esplode al volto senza lasciargli alcuno scampo, il secondo non va a bersaglio. Lo sparatore rivolge l’arma all’indirizzo della Barale e apre il fuoco per due volte anche contro di lei. Chiara viene ferita dal primo proiettile all’altezza del femore, nel mentre l’arma sta per sparare nuovamente ha la prontezza di coprirsi il volto con il braccio, questo con tutta probabilità le salverà la vita. Il proiettile la colpisce al gomito e prosegue sull’avambraccio e ferma la sua corsa nella gola. Chiara è ancora viva ma si finge morta, il killer non si attarda sulla scena del crimine ma fugge, non degna di uno sguardo il portafoglio di Giovanni che è in bella vista sul cruscotto della macchina.
Una volta che si è accertata che l’assassino è fuggito, Chiara si toglie di dosso il corpo di Giovanni, apre la portiera e tenta invano di chiamare aiuto, opta poi per l’utilizzo del cellulare.

Il personaggio che ha sparato a Giovanni e Chiara è stato visto da quest’ultima ed è sicura di riconoscerlo anche nel mezzo di mille persone. Gli inquirenti la spingono a descriverlo e realizzano un identikit, si parla di un uomo di circa 40 anni, viso rotondo, zigomi larghi, occhi sporgenti e capelli in disordine, vestito con tuta mimetica.

A dicembre le indagini subiscono una svolta e due persone vengono iscritte nel registro degli indagati. Durante la ricerca dell’assassino gli inquirenti si rendono immediatamente conto che la zona del delitto è frequentata da molti guardoni, una cinquantina di persone che mettendosi d’accordo fra loro si impartiscono regole, si dividono il territorio, evitano che altri sconosciuti frequentino la zona. La sera del 31 ottobre, la notte della festa di Halloween, è il momento ideale per spiare le coppiette appartate in auto, il movimento non può mancare e sicuramente il mondo dei guardoni è più attivo degli altri fine settimana.
La polizia interroga alcune persone che frequentano il luogo e vengono a sapere che alcune coppie si fanno osservare volutamente e da vicino da questi guardoni, sempre sotto pagamento, altri ancora gli permettono anche di partecipare. Dopo alcune settimane, vengono fuori alcuni nomi di personaggi che la sera dell’omicidio sono in zona e che vengono considerati i più pericolosi. La macchina di uno di questi viene avvistata il 31 ottobre abbandonare le zone limitrofe al luogo del delitto in un orario compatibile con quello dell’aggressione. Scattano i controlli e saltano fuori due nomi, uno di questi è Sebastiano Natale 41 anni, operaio, ad incastrarlo è la vittima Chiara Barale, che lo riconosce prima in una fotografia segnaletica, poi in una comparazione all’americana. Chiara non ha dubbi, è Natale la persona che ha sparato a lei e al suo fidanzato.
Nel registro degli indagati finisce anche un altro operaio il cui nome è sconosciuto e viene chiamato Signor B, ha precedenti penali per atti osceni in luogo pubblico e sfruttamento della prostituzione. Il signor B. è accusato di concorso in omicidio volontario, è di sua proprietà la macchina che è stata vista lasciare il luogo del delitto in un orario compatibile con la morte di Sacchi. Secondo la Procura, lui ha accompagnato Sebastiano Natale nella zona e sempre lui l’ha accompagnato a casa dopo essere stato testimone del delitto. I due si dichiarano innocenti, dicono di essere rimasti sempre a casa a guardare la televisione, le perquisizioni non danno esito certo e positivo, a parte la tuta mimetica, l’arma del delitto non viene ritrovata.
Un anno più tardi Sebastiano Natale viene processato per il delitto di Sacchi, c’è un piccolo trafiletto in un quotidiano locale, poi di questa storia si fatica a trovare ulteriori tracce. In un articolo del quotidiano La Stampa del 25 luglio 2019 si racconta della sua scarcerazione. Sebastiano Natale è stato condannato nel 2001 per aver ucciso Giovanni Sacchi, tentato di uccidere la fidanzata, Chiara Barale e un altro cittadino cuneese con cui ha avuto un diverbio. Dodici giorni prima dell’aggressione alla coppia, Natale aveva dato in escandescenza sparando un colpo di pistola all’indirizzo del finestrino di un’auto in corso Solaro, dopo aver avuto un litigio con il conducente. Nel processo di primo grado il Pubblico ministero chiede l’ergastolo, ma l’imputato ottiene le attenuanti generiche escludendo la premeditazione e viene condannato a 20 anni di carcere. Secondo la sentenza, Natale ha sparato perché si è visto <<scoperto>> dalla coppia, l’arma del delitto, una Smith & Wesson, non è mai stata ritrovata.

Trovando un colpevole passato in giudicato, è quasi da escludere che un eventuale Mostro di Cuneo possa aver aggredito la coppia a Madonna della Riva, rimane l’eventualità che il Mostro di Cuneo possa essere Sebastiano Natale, ma molti dettagli non tornano. La giovane età del responsabile nel primo delitto, le diverse modalità di aggressione e l’arma utilizzata, fanno propendere per diverse mani per tutti gli omicidi.

Dato che l’articolo ha comunque un interesse anche didattico, inseriamo comunque il delitto di Madonna della Riva nella comparazione.

La comparazione dei delitti

A questo punto occorre comparare i tre delitti che sono attribuiti al mostro di Cuneo e vedere le analogie e le differenze per capire se esiste veramente questo famigerato serial killer.

Delitti

 

Delitto Eremo di Busca

Delitto Crissolo

Delitto Madonna della Riva

Data

Notte tra 30 dicembre 1979 e 1 gennaio 1980

Ora di pranzo 17 ottobre 1990

Notte 31 ottobre 2000

Vittimologia

Coppia appartata in auto, amanti.

Coppia in un camper, amici.

Coppia appartata in auto, fidanzati

Morti

Angelo Delfino ucciso, donna di nome sconosciuto, ferita.

Aldo Bruno e Felicita Bruggiafreddo, uccisi.

Giovanni Sacchi ucciso, Chiara Barale ferita.

Arma del delitto

Arma da fuoco, pistola cal 22.

Arma da fuoco, pistola 357 Magnum.

Arma da fuoco, pistola 357 Magnum o 38 Special, Smith & Wesson

Modus operandi

Esce dai cespugli e apre il fuoco, non si ferma a controllare il risultato ma fugge subito.

Bussa al camper e apre il fuoco sull’uomo. Entra nel camper e uccide la donna.

Bussa al finestrino mostrando la pistola e apre il fuoco.
L’uomo tenta la fuga, il killer spara.

Furto

No

Si

No

Sospetti

Nessuno

Manolò e la banda della 357 Magnum.
Arrigo Candela, Rambo del Canavese

Sebastiano Natale

L’analogia più evidente che possono far pensare ad un serial killer è quella che riguarda la vittimologia. Delle coppie all’interno di un mezzo. Questo genere di vittime solitamente è più raro, poiché si tratta di un duplice omicidio e la possibilità che uno dei due bersagli possa salvarsi (come poi si è verificato in due occasioni su tre) e fuggire chiedendo aiuto, è da prendere in serie considerazione.

Il tempo di raffreddamento dell’eventuale serial killer è molto alto, tra un delitto e l’altro passano sempre 10 anni, 1980 Eremo di Busca, 1990 Crissolo, 2000 Madonna della Riva.
Il periodo di raffreddamento, in inglese cooling off, è il tempo emozionale che il serial killer impiega per uccidere nuovamente dopo un delitto. Per comprendere bene la psicologia di un serial killer occorre dividere in più fasi l’andamento ciclico che scandisce il cooling off e che è la caratteristica principale di un serial killer che possiamo considerare “classico”.

Una volta che il meccanismo è entrato nella sua ciclicità, il serial killer non può fermarsi e perde autocontrollo.

Fase aurorale: In questa fase il potenziale serial killer inizia ad avere fantasie che riguardano l’omicidio, le fantasie diventeranno così frequenti e intense che lo costringeranno a metterle piano piano in pratica.
Nel nostro caso la fase aurorale potrebbe interessare le coppie appartate in auto, il serial killer potrebbe avere sentimenti di vendetta verso di loro a causa dei comportamenti disinibiti che hanno in luoghi pubblici, potrebbe volerli punire ecc. ;

Fase di puntamento: Si mette alla ricerca della potenziale vittima sulla quale sono incentrate le fantasie, studia i luoghi, pedina le persone.
Nel nostro caso il soggetto potrebbe frequentare il luoghi in cui le coppiette si appartano, osservarli da lontano come un qualunque guardone, prendere il loro numero di targa e addirittura pedinare le potenziali vittime. Nel delitto dell’Eremo di Busca è possibile che l’assassino abbia pedinato le vittime, nel delitto della Mandonna di Riva invece essendo quello un luogo ben frequentato da coppiette è più probabile che l’assassino abbia atteso nel luogo scelto. Completamente differente è il delitto di Crissolo, le due vittime non erano amanti, il delitto avviene in pieno giorno e non è dato sapere se il luogo in cui si trova il camper è frequentato o meno da coppiette.

Fase della seduzione: Avvicinandosi con circospezione alla vittima cerca di avere un contatto in modo da prepararsi per l’aggressione.
Nel caso del Mostro di Cuneo l’avvicinamento e il contatto delle vittime non vi è o separa di pochi secondi l’aggressione. Nel delitto dell’Eremo di Busca il killer spara direttamente e la coppia viene avvertita della sua presenza solo quando apre il fuoco. Nel delitto di Crissolo l’aggressore bussa alla porta o comunque mette in atto un modo per farsi si che Aldo Bruno gli apra, poi spara. Nel delitto della Madonna della Riva si avvicina all’autovettura e si fa riconoscere mostrando la pistola agli occupanti.
Come è possibile notare gli approcci ai vari delitti sono differenti (differente modus operandi).

Fase della cattura: La vittima viene catturata e portata in un luogo appartato in cui il soggetto può mettere in atto tutte le sue fantasie.
La fase della cattura non è presente in questi delitti, poiché il potenziale serial killer apre subito il fuoco sulle vittime.

Fase omicidiaria: In cui si concretizza la fantasia con la morte della vittima, secondo le modalità che hanno interessato la fase aurorale.
Il nostro soggetto in questo caso ha più o meno lo stesso comportamento utilizza, un’arma da fuoco per uccidere, spara dall’esterno dell’autovettura verso l’interno sugli occupanti. Nel delitto di Crissolo per uccidere il soggetto femminile sale sul camper, questa modalità differente dalle altre può essere considerata tale per una questione logistica, dato che dall’esterno è difficile individuare la posizione di una persona all’interno di un camper.

Fase totemica: L’assassino tenta di ricordare e rivivere le varie fasi del delitto appropriandosi di un oggetto appartenete alla vittima, in questo modo il periodo di raffreddamento si prolunga. Nel delitto di Busco e in quello della Madonna della Riva il possibile serial killer non si appropria di nessun oggetto appartenente alle due vittime, non solo, fugge subito senza neanche accertarsi di aver eliminato le vittime.
Nel delitto di Crissolo invece, uccidendo entrambe le vittime ha più tempo per fermarsi sul luogo del delitto. Sottrae il portafoglio e i documenti della vittima femminile, il comportamento potrebbe far sospettare ad una rapina, però sono presenti sul luogo il portafoglio della vittima maschile ben in vista, orologio e braccialetto della vittima maschile ancora indosso. Questo genere di comportamento è frequente nei serial killer, il soggetto femminile in questo caso ricopre un interesse maggiore per l’assassino e si appropria dei suoi documenti con lo scopo di rivivere il momento in cui ha ucciso.

Fase depressiva: In questa fase il soggetto cade in uno stato depressivo, l’oggetto sottratto alla vittima non basta più per soddisfare le sue fantasie. Nasce il bisogno compulsivo di trovare una nuova vittima e si rientra ciclicamente nella fase aurorale.

Tra una fase omicidiaria e l’altra il mostro di Cuneo impiega 10 anni.
Si tratta di un periodo di raffreddamento molto lungo che però alcuni serial killer catturati hanno avuto, specialmente coloro che possiedono un forte autocontrollo. Questo potrebbe spiegare anche il motivo per cui è riuscito a smettere di uccidere, cosa solitamente considerata impossibile per un serial killer, ma sulla quale sono stati fatti numerosi studi con risultati differenti.

L’arma del delitto: Abbiamo accennato al fatto che si tratta sempre di armi da fuoco anche se di tipologie differenti. Nel delitto di Busco si parla di una calibro 22, un modello utilizzatissimo e molto diffuso sul territorio italiano. Nel secondo delitto la pistola è una 357 Magnum, arma con potere offensivo molto più alto rispetto alla calibro 22. Nel terzo è sempre una 357 Magnum, ma una Smith & Wesson. Il fatto che le armi da fuoco siano differenti, non deve stupire troppo, dato che la distanza temporale tra i delitti è molto alta e il soggetto potrebbe aver acquistato o trovato un’altra arma nel frattempo.

Geografia: I vari luoghi del delitto sono in provincia di Cuneo, nel primo e nel terzo caso si tratta di zone frequentate da coppiette per appartarsi, nel secondo caso è una semplice piazzola vicino ad un paesino e non si sa se viene frequentato da coppie.

I sospettati: Pur ignorando la conclusione delle indagini notiamo che nel secondo e nel terzo delitto gli inquirenti hanno individuato dei sospettati.
Nel delitto di Crissolo sembra che la stessa arma abbia colpito in una località vicina, a Cortazzone (AT) a 112km il 15 ottobre due giorni prima, ancora precedentemente a Pontevico nel bresciano a fianco alla 357 magnum ha sparato anche una calibro 22. I sospettati sono la banda di Manolò.
Il delitto di Crissolo è inoltre considerato nella serie di omicidi attribuiti a Arrigo Candela, serial killer piemontese soprannominato <<il Rambo del Canavese>>, la certezza non c'è, ma anche alcuni suoi delitti sono stati firmati con una 357 magnum.
Nell’ultimo delitto avvenuto a Madonna della Riva, un operaio viene riconosciuto come autore dall’unica superstite dell’agguato e condannato a 20 anni, nonostante si sia sempre dichiarato innocente.

Il delitto di Crissolo risulta differente dagli altri, per la prima e unica volta in questo caso l’assassino (o assassini?) si assicura che le vittime non sfuggano all’agguato, si attarda sulla scena del crimine trafugando alcuni oggetti della vittima femminile, viene commesso in un orario pomeridiano e a danno di una coppia di amici e non di amanti. Tutto ciò fa ipotizzare che sia una mano differente ad uccidere in questo caso. Eppure ad un’attenta analisi si può notare come questo omicidio abbia molte più cose in comune con i delitti perpetrati da serial killer rispetto agli altri.

Il killer uccide immediatamente, questo è vero, ma si ferma sul luogo a suo rischio e pericolo per prendere alcuni oggetti che potrebbero essere considerati dei trofei.
Il portafoglio e i documenti della vittima femminile, possibile fossero conservati insieme e che il killer volesse solo rapinarli?

Si, però appare inspiegabile il suo comportamento se consideriamo che il portafoglio della vittima maschile è in bella mostra e che porta braccialetti e orologio di valore. Il delitto inoltre è totalmente sproporzionato per una semplice rapina, il killer è spietato e determinato e per prima cosa vuole la morte della coppia. Ma per ottenere il denaro basta agire in modo più semplice, minacciandoli e senza alcun bisogno di sparare, sarebbe stata un’azione più rapida e in caso di arresto non sarebbe stato accusato di omicidio scontando una pena più mite.
Se il killer vuole la loro morte per impossessarsi dei soldi, immagino ci possa essere un motivo, forse aveva già ucciso e quindi aggiungere un duplice omicidio in più non sarebbe cambiato molto nella mente deviata di un assassino a sangue freddo, anzi avrebbe aiutato l’impunità sopprimendo due scomodi testimoni.

La banda di Manolò: Seguendo le indagini e osservando attentamente lo svolgersi del delitto di Crissolo possiamo ipotizzare che il duplice omicidio sia stato perpetrato da alcuni membri della banda di Manolò.
Ciò che ci fa giungere a questa conclusione sono:

  • La stessa arma utilizzata in più delitti, una 357 magnum diventata tristemente nota come l’arma preferita dalla banda. Si tratta di una pistola di grosso calibro che ha una diffusione più limitata rispetto ad armi più piccole.

  • La vicinanza geografica e temporale del delitto di Don Guglielmo Alessi, 2 giorni e 112 km. Con l’assoluta certezza che l’arma utilizzata per quel delitto è la stessa che ha colpito nella strage di Pontevico attribuita alla banda di Manolò.

  • Il modus operandi della banda coincide con quello utilizzato dal killer di Crissolo. La banda di Manolò è solita bussare alla porta di un’abitazione, lanciando sassi e sparando sul malcapitato che apre.

  • La banda ha sempre colpito in paesi isolati: a Fabbrica di Roma, a Pantalla in provincia di Terni, a Collazzone nei pressi di Perugia, a Lonato sul lago di Garda, come appunto è Crissolo

  • Alcune testimonianze di abitanti del luogo dicono di aver notato il giorno del delitto tre slavi nella zona. Li avrebbero visti a bordo di due auto prima a Paesana, poi a Saluzzo ed infine, verso le 17, salire con una sola vettura, una A12 di colore chiaro, a Crissolo.

  • La banda uccide per rapinare e anche nel delitto di Crissolo spariscono dei soldi, l’azione per raggiungere l’obiettivo è sempre sproporzionata rispetto al furto.

 Arrigo Candela: Il delitto di Crissolo può essere inserito nella serie di omicidi del serial killer soprannominato il “Rambo del Canavese”. A propendere per questa soluzione ci sono i seguenti elementi:

  • L'arma del delitto, una 357 magnum, stesso modello utilizzato nel delitto di Crissolo, viene utilizzata per uccidere Emiliano Cecco, delitto attribuito a Candela;

  • Il modus operandi di Candela nei suoi delitti, ricorda quello del delitto di Crissolo, anche lui uccide senza dare scampo alle vittime e aprendo il fuoco immediatamente per uccidere e scaricando l'intero caricatore per accertarsi della morte delle vittime;

  • Distanza geografica, i luoghi in cui uccideva Candela sono vicini (sui 100km di distanza circa) a Crissolo;

  • In Francia è stato accusato e condannato per 6 omicidi avvenuti in Piemonte, sembra che tra questi ci sia anche il delitto di Crissolo, ma non si conoscono i dettagli e le conclusioni della sentenza;

  • Il comportamento del killer successivo all'uccisione della coppia, ricorda il comportamento di un serial killer, più che di un rapinatore;

  • Candela nella sua carriera criminale si è macchiato di numerosi furti e rapine, è possibile che anche in questo delitto abbia tentato una rapina e che la cosa gli sia sfuggita di mano;

Per tutte queste ragioni giungiamo alla conclusione che a uccidere Aldo Bruno e Felicita Bruggiafreddo sia stata o la banda di Manolò, o Arrigo Candela il Rambo del Canavese.

Eliminando il delitto di Crissolo rimangono due delitti molto simili ma ad una distanza temporale molto ampia il primo del 1980 e il secondo del 2000.

Il delitto della Madonna della Riva: L’indiziato di questo delitto Sebastiano Natale 41 anni, è stato riconosciuto dalla vittima femminile che è scampata all’agguato. La sua testimonianza e descrizione dell’assassino sembra precisa, effettivamente dalla dinamica del delitto si evince che il killer prima di aprire il fuoco si è fatto vedere dalla coppia. Ha bussato al vetro mostrando la pistola, è certo quindi che gli occupanti lo hanno visto in volto. Dato che Sebastiano Natale è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio con sentenze passate in giudicato, possiamo essere quasi certi che non siamo di fronte ad un delitto irrisolto.

E’ possibile che Sebastiano Natale abbia ucciso anche nel delitto dell’Eremo di Busca nel 1980?

Sebastiano Natale ha 41 anni quando viene arrestato con l’accusa di omicidio, nel 1980 ne ha 21, un’età un po’ giovane per fare il guardone e uccidere. Niente purtroppo lo collega al delitto precedente e non avendo nessuna informazione più approfondita sull’operaio non possiamo ne escludere, ne confermare questa possibilità.

Conclusione

Concludendo questa disamina di delitti abbiamo potuto escludere in due occasioni su tre che potesse trattarsi della solita mano a compiere gli omicidi.
Non si ha alcuna indicazione sui sospettati del delitto dell’Eremo di Busca e questo rimane purtroppo un delitto irrisolto che però non ha avuto alcun seguito, uno strano delitto isolato con la presenza di una testimone sopravvissuta alla sparatoria che deve aver visto il killer.

La conclusione è che non è esistito alcun serial killer a Cuneo, se si esclude la banda di Manolò che imperversava in tutto il nord Italia nel 2000 e Arrigo Candela il Rambo del Canavese. Entrambi sicuramente, non sono il Mostro di Cuneo!

 

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